Dieci anni al bivio

In questi giorni Silvio Berlusconi sembra esitare davanti a un bivio: da un lato la ripida discesa verso lo spirito del ‘94, da percorrere alla bersagliera come l’outsider spregiudicato e antipolitico in guerra contro l’establishment della Prima Repubblica; dall’altro la dura e assai meno familiare salita del leader europeo, capace con una mano di trattenere Tremonti e con l’altra di rassicurare Fini e Follini, senza dimenticarsi di Ciampi. Il centrosinistra si è già trovato dinanzi allo stesso bivio: Ds, Margherita, Sdi e persino una parte consistente della galassia girotondina hanno scelto la seconda strada, quella di una lista unitaria tesa a delineare un nuovo soggetto politico europeo, il partito riformista, e una nuova leadership, quella di Romano Prodi. La gioiosa macchina da guerra di Occhetto e Di Pietro ha preso invece la prima strada, quella del ‘94, della questione morale e della meglio società civile. Ma questa volta, anche se in fondo alla via incontrassero il Cavaliere, la sicura sconfitta degli uni non significherà necessariamente la vittoria dell’altro. E questa è già una bella differenza.