La privatizzazione del passato

Difendere Timeline sarebbe impossibile anche per amanti del genere come noi. Il film di Donner è scontato, sciatto come la brutta copia di un tema di scuola, per nulla appassionante. Un gruppo di archeologi finisce in mezzo alla guerra dei cent’anni, proprio nel sito oggetto dei suoi scavi. La colpa è di una improbabile macchina del tempo costruita dalla solita avida multinazionale fuori controllo.
I protagonisti sono tipici archeologi hollywoodiani: più che ricercatori abituati alla vita di biblioteca, alle giornate passate disegnando matrix (che non è un’altra macchina del tempo, ma un noiosissimo schema stratigrafico del suolo) o in una landa desolata con pala e piccone, sono dei rambo in grado di andare a cavallo, scalare pareti e roteare spadoni, capaci di impegnarsi senza eccessive difficoltà in combattimenti all’ultimo sangue e altre improbabili imprese. Se il loro vero professore dunque non poteva che essere Indiana Jones (che ci stupiamo di non vedere comparire nemmeno per un cammeo, ma evidentemente anche a Hollywood, nonostante tutto, hanno il senso delle proporzioni) il loro film culto è certamente Ritorno al futuro, sempre ossessionati dal timore di cambiare il corso della storia e di non riuscire a tornare al presente.
Di viaggi nel tempo è pieno il cinema americano e certo quest’ultima versione non sarà ricordata a lungo. Stupisce però l’insistenza nell’attribuire un valore palingenetico al ritorno al passato. Nel classico del genere, Micheal J. Fox cambia la sua vita: trasforma il padre timido e impacciato in un duro, ricco e affascinante, cancellando in un attimo una vita di frustrazioni e sconfitte. In Timeline gli effetti positivi sono addirittura sistematici: bastano sei ore nel 1300 per conquistare la fanciulla dei tuoi sogni, conoscere amori imprevisti e correggere le pagine più atroci della storia senza con ciò minimamente alterare il corso delgli eventi. E naturalmente a chiudere il cerchio arriva la giusta punizione per i cattivi, siano essi spietati mercenari o avidi imprenditori senza scrupoli. Il breve ritorno al passato si rivela così l’occasione migliore per risolvere i propri problemi personali, tanto che persino il giovane protagonista che non voleva convincersi del fascino dell’archeologia tornerà al presente assai più sensibile al valore di uno scavo e alle sue scoperte.
Se per un simile semilavorato cinematografico non apparisse ridicolo parlare di una tesi di fondo, diremmo che si tratta di una vera e propria privatizzazione del passato, secondo una tendenza di moda ormai da diversi anni. Ma forse, almeno in questo caso, è bene non seguire lo spirito del tempo, e difenderne invece il valore collettivo, lasciando che Timeline cada rapidamente nel dimenticatoio.