A cosa servono le primarie

Domenica 16 ottobre, per la prima volta nella storia d’Italia, si svolgeranno elezioni primarie. Come in tutte le prime volte, molte cose sono state lasciate al caso o all’improvvisazione e molti hanno avuto da ridire. Pochi si sono avveduti dell’essenziale: non era mai successo prima. Certo è significativo che le primarie – ultimo tassello di un sistema maggioritario in cui sono gli elettori a decidere persino sui candidati – si svolgano proprio nei giorni in cui in parlamento si vota sul ritorno alla proporzionale.
Come sempre avviene in Italia, gli aspiranti becchini si sono travestiti da solerti infermieri: preoccupati delle possibili infiltrazioni di elettori di centrodestra, letteralmente angosciati dalla possibilità che qualcuno voti più volte, incapaci di prendere sonno al pensiero che le primarie possano indebolire la leadership o dividere la coalizione del centrosinistra anziché rafforzarle. Arrischiamo una facile previsione: nessuno di tali argomenti sopravvivrà a domenica prossima. Tutta questa inutile discussione cesserà per sempre con la vittoria di Romano Prodi. L’unica incognita riguarda invece il dato che da lunedì tutti correranno a vedere: la partecipazione. Quanti elettori saranno andati a votare, questa sarà la base della legittimazione del leader del centrosinistra, dei suoi gruppi dirigenti e della loro linea politica.
Noi andremo a votare e voteremo per Romano Prodi. E invitiamo tutti a fare lo stesso. La ragione principale la sta offrendo proprio in questi giorni il parlamento della Repubblica: legge salva-Previti, devolution, legge elettorale. Lo spettacolo di una maggioranza che aveva puntato tutto e ha perso rovinosamente sull’economia – crescita zero o zero virgola, rapporto deficit-pil (quello che avrebbe dovuto stare sotto il 3 per cento) ampiamente oltre il 5, evasione ed elusione fiscale ai massimi – e che decide di giocarsi il tutto per tutto facendo saltare il tavolo, le regole, ogni residua speranza di un finale di legislatura meno avvelenato. C’è un solo modo per fermare una simile slavina: andare a votare. Al triste spettacolo di una maggioranza arroccata nel parlamento per votare a passo di carica l’annullamento di migliaia di processi, la moltiplicazione dei conflitti tra regioni e stato, una legge elettorale tagliata ad arte per rendere ingovernabile il sistema, contrapporre un milione di cittadini che esce di casa e va a votare il leader dell’opposizione. Ogni voto in più sarà uno schiaffo al governo. Pensateci bene: è una soddisfazione che non capita tutti i giorni. Sarebbe un peccato sprecarla.