La maglietta e l’orgoglio

La verità dell’ultima crisi del governo Berlusconi e dell’ubriacatura ideologica che ne ha stravolto i connotati dopo l’11 settembre sta tutta nella foto dell’ex ministro Calderoli, gli occhi socchiusi e il sorriso compiaciuto, mentre si accinge a quel singolare striptease che non poteva non concludersi con le sue dimissioni. Mostrando in diretta tv la maglietta con una delle vignette su Maometto – insieme causa e pretesto di tanti gravi problemi internazionali – il ministro leghista ha reso inevitabile l’ultimo atto di quell’interminabile striptease del governo cominciato sin dal 2002 con le dimissioni del ministro degli Esteri Renato Ruggiero.
Il garante del governo per conto della famiglia Agnelli lasciò l’incarico all’inizio della china, in dissenso sulla politica antieuropeistica della maggioranza. Il ministro Calderoli oggi viene licenziato per avere portato alle estreme conseguenze, innanzi tutto sul piano simbolico, quella stessa svolta culturale: la diffidenza nei confronti del processo di integrazione europea che si sarebbe infine mescolata con la netta scelta di campo del dopo 11 settembre. Una scelta compiuta, prima e più ancora che al fianco dell’Amministrazione Bush, al seguito di Oriana Fallaci e dei profeti dello scontro di civiltà con l’Islam, in nome della difesa dei valori cristiani nell’Occidente e quindi in difesa dell’Occidente in quanto patria dei valori cristiani. La condanna del gesto irresponsabile del ministro, pertanto, suona come minimo un po’ ipocrita da parte di tanti politici e intellettuali che fino a ieri hanno difeso a spada tratta i best seller della giornalista, certo non più rispettosi della religione islamica, del suo profeta e dei suoi fedeli.
Le dimissioni di Calderoli non segnano soltanto una pesante sconfitta dell’Asse del Nord, ma innanzi tutto la sconfessione di una linea politica e culturale che ha a lungo egemonizzato la maggioranza, relegando ai margini i più ragionevoli Fini e Casini. La sconfitta degli “irresponsabili” è la sconfitta del governo, l’ammissione di un errore strategico che si sarebbe dovuto correggere ben prima e che si è invece scelto di confermare in ogni occasione. Questo è in fondo il senso delle proteste della Lega e dei commenti dello stesso Calderoli, che afferma di avere seguito una linea da tempo largamente condivisa. E per una volta ha ragione.