Un Volver Day come festa nazionale

Bisognerebbe farne una festa nazionale. Istituire il “Volver Day”, una volta l’anno, e quel giorno raccogliere nella stessa stanza madri, figlie, sorelle e qualche amica essenziale per guardare Penelope Cruz arrampicata sulle zeppe di “Volver”. Per gli uomini, si organizzi una partita di pallone fuori porta. Che pure se sensibili e illuminati, loro non sono stati capaci di lacrimare senza un momento di respiro dal primo all’ultimo minuto di proiezione. “Volver” – tornare – è cosa di donne. Di donne e di Pedro Almodovar. I maschi, nel film, sono pochi e piuttosto irrilevanti. E non c’è motivo di tradire lo spirito dell’opera per coinvolgerli in una disperazione programmata.
La storia è una telenovela almodovariana: amore e morte, segreti e bugie. Non c’è niente di rivoluzionario, neanche l’opulento sedere posticcio della Cruz. Non c’è neanche niente di particolarmente nuovo. In quelle due ore siamo – loro che affettano peperoni e noi, sedute comode in poltrona – donne di Pedro in una storia di Pedro, in cui persino i colpi di scena sembrano naturali snodi di trama.
E abbiamo sempre – loro che cantano come da bambine e noi, preda dei singhiozzi – occhi spalancati, capelli da acconciare e pudori irrevocabili. Ci abbracciamo quando ci incontriamo e ci baciamo le guance tre volte per parte. Guardiamo la televisione del dolore ma poi scappiamo, prima che ci inghiotta. Abbiamo un’espressione corrucciata e una felice, ché non c’è bisogno di molto altro per comunicare, quando tutti i sentimenti sono a fior di pelle.
È che a noi piace sentirci al centro emotivo dell’universo. Lasciare ai signori preoccupazioni secondarie come l’effettiva vendita di un ristorante – di quelle che prevedono dei soldi in cambio, e subito – e fondare le transazioni d’affari sull’onestà più pratica della collaborazione. Il sistema femminile è colorato, crudo, sempre un po’ in affanno. Al cinema funziona, se lo dirige Pedro. Nella vita è di ristoro, un giorno all’anno, provare a piangere, cucinare e nascondere senza bisogno di regole o di uomini, per quanto illuminati e sensibili. Soltanto un giorno all’anno, e poi tornare.