Le spoglie mortali del cattolicesimo

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”. Alle donne che il giorno dopo il sabato si recarono con oli e aromi profumati al sepolcro, trovandolo vuoto, due uomini dalle vesti sfolgoranti si rivolsero, secondo la versione del Vangelo di Luca, con quelle parole. Ed esse compresero ciò che era scritto, che il loro Signore Gesù doveva resuscitare dai morti. Senza la resurrezione, vana è infatti la fede e la predicazione, diceva Paolo nelle lettere. Senza quel sepolcro vuoto, la pietra rotolata, le bende per terra e il sudario ripiegato, non c’è cristianesimo.
Ma a San Giovanni Rotondo, dove riposa (si fa per dire) San Pio, le cose vanno diversamente. Nessun angelo ha fatto bruscamente rotolare via la pietra, eppure la pietra è stata sollevata lo stesso, e con ogni cura, per mostrare ai fedeli le spoglie mortali del santo. Al sepolcro non sono accorse solo poche donne, ma oltre diecimila persone. E nessuno ha temuto che il corpo del defunto fosse stato sottratto, come le donne del Vangelo, perché è ben custodito sotto una teca di cristallo. Al posto delle guardie tramortite era presente un prefetto, il cardinale José Saraiva Martins, della Congregazione delle cause dei santi, che ha celebrato messa. Infine (particolare non irrilevante) invece di aromi e oli profumati, c’è voluto circa un milione di euro, per la cerimonia. I frati francescani devono perciò rientrare delle spese, e il corpo del santo sarà esposto alla devozione popolare ancora per qualche mese.
Il corpo, cioè la maschera di silicone che ne copre il volto, e la stola preziosa e il saio e i guanti e le calze, oltre alla barba e ai capelli, che sono originali e quindi, è da supporre, tagliati di fresco. L’arcivescovo di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, monsignor Domenico Umberto D’Ambrosio, bontà sua, ha detto: “Non cerchiamo clamore, chiasso, letture distorte e avventate”. C’è da augurarsi perciò che non finisca con l’apparirgli distorto addirittura il Vangelo; quanto poi al clamore e al chiasso, non è facile immaginare cosa potrebbe accadere se invece a San Giovanni Rotondo li ricercassero.
Ironia facile, si dirà. Per poi aggiungere, in difesa della genuina semplicità della religiosità popolare, che si tratta della solita spocchia degli intellettuali i quali, pur essendo laici, scettici e disincantati, non mancano di spiegare col ditino alzato ai credenti in cosa consista il vero sentimento religioso. Costoro, eredi attardati di un illuminismo che avrebbe fatto il suo tempo, non si accorgerebbero che la razionalizzazione della religione, il processo di depurazione della credenza religiosa da ogni elemento devozionale, da ogni aspetto cultuale, da ogni elemento miracolistico, non lascerebbe nelle mani del fedele null’altro che un’estenuata disciplina morale. Persino l’austero Kant, campione severissimo della religione razionale, finiva col concedere qualche “sostegno sensibile” alla fede religiosa: vuoi che un sostegno non lo possano cercare i fedeli nella maschera di San Pio?
È vero, il sostegno ci vuole. Non ogni sostegno, però, perché vi deve pur essere una differenza fra credenza e credulità (e una ancora più grande con l’abuso della credulità). Il Vangelo, d’altra parte, è molto istruttivo. Se non distorciamo troppo la lettura, rimaniamo colpiti non tanto dalle apparizioni del Risorto, che pure abbondano e che danno alla fede dei primi discepoli più di qualche sostegno (in fondo, anche Lazzaro era risorto, e però questo non era bastato: difficile che ciò potesse dipendere da standard di scetticismo filosofico molto elevati tra gli abitanti della Galilea). No, i segni abbondavano, e in verità Gesù non doveva essere l’unico a compiere miracoli, a quei tempi. Quel che colpisce è invece che ai discepoli spaventati ai quali non bastava neppure vederlo in carne e ossa, Gesù si rivelò facendo l’esegesi, cioè ripetendo il gesto eucaristico dell’ultima cena, e aprendo loro la mente sulle Sacre Scritture.
Perciò, diversamente da quel che odono i pellegrini che venerano una salma, alle pie donne fu detto dall’Angelo: non tra i morti, ma tra i vivi; non qui, ma altrove. Né risulta che le donne, le quali dopo tutto erano anime semplici, si fermarono a raccogliere le bende, o a conservare sotto teca le pietre del santo sepolcro, per organizzare sveltamente la devozione. Non fu da spoglie mortali, da vestiti funebri o da maschere mortuarie che nacque la fede cristiana: sarebbe spiacevole che di simili resti si nutrisse invece la rinascita religiosa dei nostri giorni.
Perché è in corso una rinascita religiosa: Daniel Bell la preconizzò addirittura nel lontano 1976. A quel tempo, a Habermas parve una risposta attardata alle contraddizioni del nostro tempo, senza respiro teorico e di scarso seguito. La nuova destra americana doveva ancora manifestarsi e il fondamentalismo non destava particolari preoccupazioni. Oggi che invece proprio Habermas preferisce parlare di società post-secolare, per ammettere che modernizzazione, secolarizzazione, laicizzazione non hanno affatto costretto la religione nel ridotto della coscienza privata, le manifestazioni della fede popolare richiedono di essere tenute in ben altra considerazione. E in ben altra considerazione le terremo. In fondo, per i cattolici adulti, almeno nel nostro paese, sono tempi grami. Ma significa questo che dobbiamo rassegnarci all’infantilismo? Cattolici o no che siano, non staremo a contare le divisioni, ma di quanti adulti può disporre il paese?