L’inquilino democratico e lo sfratto dei valori

La prendo alla lontana. Nel settembre del 1966, sui Quaderni piacentini, Sebastiano Timpanaro propose questo bell’esempietto: “La posizione del marxista odierno, a volte, sembra simile a quella di chi, standosene al primo piano di una casa, dicesse rivolto all’inquilino del secondo piano: «Lei crede di essere autonomo, di reggersi da solo? Si sbaglia! Il Suo si regge solo perché poggia sul mio, e se crolla il mio, crolla anche il Suo»; e viceversa, all’inquilino del pianterreno: «Cosa pretende Lei? di sorreggere, di condizionare me? Povero illuso! Il pianterreno esiste solo in quanto è il pianterreno del primo piano. Anzi, a rigore, il vero pianterreno è il primo piano, e il Suo appartamento è solo una specie di cantina, a cui non si può riconoscere vera esistenza»”. Dal 1966 a oggi molte cose sono cambiate, anzi scomparse: non solo i Quaderni piacentini, ma anche, ad esempio, l’idea che si usi il Lei nell’accapigliarsi con gli inquilini del piano di sopra o di sotto (la nuova direzione dell’Unità coglierà sicuramente il segno dei tempi). Quello che però sembra del tutto irreperibile è proprio l’inquilino del primo piano. Già Timpanaro lasciava intendere che secondo lui, prima o poi, si sarebbe trasferito armi e bagagli al piano di sopra, poiché mentre il disprezzo nei confronti dell’«abitatore del pianterreno» andava aumentando, miglioravano sensibilmente i rapporti con l’inquilino del secondo piano. Che sia stato sfrattato, si sia trasferito, o, più probabilmente, non abbia compreso bene i termini del piano di social housing che gli offriva il nuovo Partito democratico, il risultato è, in ogni caso, che l’appartamento al primo piano è da grande pezza assolutamente sfitto.
Poco male, si dirà. Chi oggi darebbe le chiavi di casa a un marxista professo, col rischio – se non altro – di ritrovarselo davanti in interminabili riunioni di condominio, mentre pesca nei più frusti e pietosi sociologismi, e rispolvera un lessico del tutto sconosciuto al dibattito pubblico contemporaneo? Chi parlerebbe al telegiornale, che so, di materialismo, nell’epoca più secolarizzata della storia dell’umanità, in cui però bisogna far finta che nei piani alti dello spirito tutto sia in ordine? Meglio, dunque, non avere un materialista tra i piedi. Il problema è però: come si vive nell’edificio di Timpanaro, ora che più nessuno risiede al primo piano? Passi per l’impresentabile marxista, ma qualcun altro che renda abitabile l’appartamento? Possibile che non ci siano altro che i valori eterni dello spirito al piano di sopra, e il codice genetico al piano di sotto? Chiuse le tapparelle al primo piano, è così infatti che si presenta oggi l’edificio sociale del sapere: lo scantinato è scandagliato, anzi sequenziato, da riflettori artificiali sempre più potenti, mentre al secondo piano danno una luce calda ma spettrale i ceri della nuova compunzione. Sono questi i discorsi di cui sono piene le pagine dei giornali: o si raccontano le minuscole meraviglie del dna, come se dire natura, nel caso dell’uomo, significasse soltanto dire genetica, e tanto peggio per i filosofi che per duemila anni ne hanno parlato ignorando bellamente che «siamo i nostri geni», oppure si moltiplicano gli omaggi – devoti o atei, o tutte e due le cose – alla maiuscola retorica dei valori, agli ideali mai meno che universali, come se nulla valesse per noi veramente qualcosa, che sia meno che eterno e imperituro.
Non si tratta affatto del drammatico divorzio delle cosiddette «due culture», come si diceva una volta, perché anzi le due culture sanno andare benissimo a braccetto: mai condominio fu meno rissoso. È proprio il riduzionismo naturalistico delle scienze che alimenta infatti il bisogno di trascendenza, e richiede i supplementi d’anima gestiti egregiamente su, al secondo piano. Più il primo ci tira giù, verso lo scantinato, più qualcuno ci chiama da sopra, dall’alto, dove di solito vengono soddisfatte le inevitabili domande di senso. Immaginate ora che, in questa situazione, l’agenzia immobiliare del Pd ha creduto di poter affittare l’appartamento al primo piano affiggendo dinanzi al portone un bel Manifesto dei Valori!
La storiella raccontata da Timpanaro doveva servire a evidenziare l’incongruenza del materialismo di quei marxisti per i quali la struttura economica di una società determina quel che accade ai piani alti della cultura – nelle sfere del diritto, della morale o della religione – ma nulla viene determinato di sotto, al piano ancor più basilare della fisica e della biologia. Il fatto è che oggi quell’incongruenza si è alquanto stemperata. È vero, aveva ragione Timpanaro, che al secondo piano quasi non giunge più l’eco della critica dell’ideologia; mandano piuttosto il disco della fine delle ideologie, e si procurano così la comodità di presentare il discorso sui valori come se fosse puro e immacolato. Ma nei rapporti col piano di sotto è accaduto proprio quello che Timpanaro giudicava ridicolo, che cioè la dominazione tecnica del dato naturale ha reso perseguibile (o perlomeno: ha reso ideologicamente vincente) l’idea che la vera ingiustizia dipende dai limiti imposti dalla cieca natura, limiti che però scienza e tecnica starebbero progressivamente rimuovendo. Non essendoci più nessuno, nemmeno in sub-affitto, dalle parti del primo piano, anche questa impresa viene condotta al riparo da ogni critica, da ogni smascheramento ideologico, da ogni denuncia di sfruttamento o di ingiustizia sociale, da ogni battaglia per l’uguaglianza.
Cosa pensi al riguardo il Partito democratico non è dato sapere; il discorso sulla sacralità della vita, in effetti, lo si fa già egregiamente al secondo piano, e di guardare con un po’ di spirito critico cosa accade effettivamente di sotto nessuno ha troppa voglia, visti i sempre più promettenti risultati tecnici e scientifici che ne vengono fuori. Al secondo piano gestiscono le paure, al pianterreno sono i soli ad alimentare le speranze terrene degli uomini. L’unica soluzione – per i dirigenti del Pd – sembra sia, purtroppo, starsene al loft. E ogni tanto fare due passi fino al condominio, per controllare se qualcuno abbia aderito al Manifesto.