L’asintoto verticale della donna

Ha detto tutto Fabio Fazio, nel presentarla: lei è la donna più bella del mondo. Punto e fine della discussione. E delle polemiche su quello che avrebbe detto, quello che non avrebbe dovuto dire e quello che avrebbe dovuto rettificare. Passiamo ad altro. E invece no, a volte le cose più semplici e ovvie non sono affatto semplici e ovvie. Per esempio, colui che ha commissionato questo pezzo, mentre cercavo di illustrargli la cartesiana chiarezza e distinzione del concetto “donna più bella del mondo”, ha obiettato: “Per me la donna più bella è quella con le tette più grosse”. E sono certo che c’è tutta una categoria di gente, là fuori, convinta che Troia sia stata incendiata per una quinta misura e un push-up. E che Elena, Andromaca e Cassandra fossero tre bagnine di Baywatch (Cassandra il tenente Holden, quella piatta).
E allora riproviamo, partendo da domenica sera. Dopo che il didascalico Fazio ha introdotto l’ospite – lei è la donna più bella del mondo – Carla Bruni ha preso la chitarra e cantato, con quel filo di voce, due brani del suo disco (la donna più bella del mondo canta, come Lorelei ai marinai sul Reno), ha lasciato che partisse un applauso e ha detto: “Grazie”. Con una punta di imbarazzo e – persino – di gratitudine nel tono. Sorridendo e guardando di traverso. L’applauso cresceva e non finiva più, perché proveniva da una platea di soggiogati (Lorelei, si diceva). E l’intervista doveva ancora cominciare.
Intanto qualcuno, stolto e di dura cervice, pensava che insomma, avrà sì e no una seconda. E la Venere di Milo è senza braccia, e il Cenacolo avrebbe bisogno di una stuccatina.
E’ talmente incombente il fascino di Carla Bruni, e avvolgente, fatto di zigomi perfettamente modellati, canonici occhi celesti, timbro vocale, strabiliante eleganza e maniere impeccabili, distacco e candore, che ciò che davvero dovrebbe essere studiato e capito è come possano esistere soggetti immuni. Carla Bruni è l’asintoto verticale della donna. Il punto di accumulazione al quale le comuni mortali tendono invano. Lo spazio funzionale le cui proiezioni individuano le singole caratteristiche, raggiungibili solo in un tempo infinito. Tempo di preparazione in bagno per replicare la perfetta curva delle sopracciglia, ad esempio.
Ma ancora non ci siamo. E’ come se la perfezione della Bruni non risiedesse nello specifico di alcuna attività. La perfezione è il metodo, attraverso il quale ella persegue le varie attività che al momento la interessano. Siano esse sfilare, cantare, sposare il re di Francia pro tempore o conversare in un’intervista televisiva.
Carla è la regola che definisce se stessa.
Per usare un riferimento che anche uomini vanamente eterosessuali possano capire, Carla Bruni è Muhammad Alì – il peso massimo che vola come una farfalla, punge come un’ape – l’atleta che diventa il canone della propria disciplina. O il Carl Lewis delle Olimpiadi di Los Angeles – quattro medaglie d’oro senza apparentemente sudare, con l’unanime consenso sulla perfezione tecnica del suo gesto – ma senza la necessità dell’uno e dell’altro di affermare se stessi.
Prendete l’intervista di domenica, è stata tutta in levare. Il sostegno di suo marito – con tutti gli sforzi che un tale sostegno implica – la ribadita estraneità alle questioni di stato, la complicata ricerca del cappellino per l’incontro con la regina. Ma più si scansava, più era al centro della scena. Talmente a proprio agio da permettersi di ridere, coprendosi la bocca con le mani, agitarsi sulla sedia e perfino omettere un congiuntivo – son contenta che mi hai fatto questa domanda. E alla fine andarsene salutando con la manina. Non fate forse così, voi umani?