Operai e Beethoven

Lerner è tornato tra gli «operai» dopo trenta anni dal libro in cui ne scrisse nel 1985 (ci pare) quando già da qualche anno la prima robotizzazione e la marcia dei 40.000 capetti (e lo diciamo senza dileggio) avevano spezzato le reni al manovale specializzato che popolava la dialettica sociopolitica dei decenni precedenti. Da allora il processo di de-classamento del lavoro manuale è andato accelerando per la spinta del software che impara e della rete che lo rende onnipresente. Sicché la classe operaia non esiste più come soggetto politico anche se è sempre più numerosa come soggetto sociale, tanto più che è lì che sta sprofondando buona parte dell’antico ceto medio.

Ancora non c’è un Carlo Marx che s’industri a trovare il bandolo di questa non-classe per dare agli individui che vi si confondono un punto fermo a cui riappoggiare l’ascensore sociale. Per ora. E quando va bene, siamo all’attenzione verso gli ultimi, alla pulsione etica, ma non c’è traccia di quella parola, «scientifico», che faceva sembrare il socialismo una prospettiva da conquistatori anziché da conquistati. E che proprio per questo suscitava l’adesione di tanti giovani ansiosi della gloria per la quale, in fondo, ogni intellettuale si batte. Nell’attesa del Marx dei nostri tempi Lerner raduna il materiale delle esistenze davanti agli occhi di chi vuol vederlo. Lunedì sera sono stati alle 23 su Rai Tre un paio di milioni, ognuno dei quali si è visto poco più di una ventina di minuti dell’intera durata. Un discreto fatturato auditel a cui noi non abbiamo contribuito perché completamente presi da Macron (che avremmo votato, oui, anche al primo turno); e del resto quella promenade sincronizzata con l’inno europeo alla gioia valeva la dedizione all’evento (solo Mentana, pur con imperdonabile ritardo, ma comunque prima degli altri, si è accorto che quello era il clou della serata).

Ma quasi a compensare le illuministiche sorti e progressive sulle quali da sempre testardamente scommettiamo (oggi in Francia, domani ci riproviamo in Italia) stamane grazie a Raiplay abbiamo ripreso contatto con la terra del capitalismo globale (che è, del resto, l’unico che possa esistere, e questo Marx lo pre-diceva già ai tempi suoi, ovvero un secolo e mezzo fa) e con la condizione esistenziale di chi ne fa girare le rotelle più elementari. Immaginiamo che qualche sempliciotto in Commissione parlamentare sia già pronto ad affibbiare al povero Gad la medaglia di eroe del servizio pubblico, etc. etc. Diciamo che Gad è bravo, molto bravo, e che non ci perderemo le prossime puntate. Ma notiamo anche che in tempi di talk show chiacchierino e di giornalismo pseudo investigativo (l’ultima investigazione è quella delle tracce di cocaina eroicamente rintracciate nei cessi del parlamento) basta essere intelligenti e curiosi per meritarsi il Pulitzer.