Parliamo ai lavoratori autonomi

Lettera di risposta al nostro appello

 

Essere di sinistra è un tratto caratteriale, un’indole ben precisa. Tutto il resto viene dopo, è una conseguenza. Non viene prima Il Capitale di Marx, niente affatto, e nemmeno il determinismo meccanicistico o il plusvalore. Essere di sinistra è anteriormente piglio, disprezzo emotivo per le ingiustizie, insofferenza alla sottomissione. Un uomo o una donna di carattere mite, docile, remissivo, addomesticabile non saranno mai veramente di sinistra. Una persona di sinistra per carattere fa difficoltà a prendere ordini, mal sopporta a stare in relazioni asimmetriche e subordinate. Una persona di sinistra ha la dignità come primo e massimo valore sovraordinato di riferimento. Una persona di sinistra ha fondamentalmente un carattere autonomo.

Personalmente se dovessi scegliere, a parità di condizioni, fra un lavoro dipendente e uno autonomo, sceglierei senza alcuna esitazione il secondo. Perché sono di sinistra. Nell’ambito lavorativo infatti mi piace stare alla pari con tutti. Mi piace lavorare “con” qualcuno, e non “per” qualcuno. Mi piace non dover chiedere un permesso per andare a comprarmi le scarpe. Perché sono di sinistra. E se sono malato o se ho necessità di riposarmi voglio comunicarlo ai miei collaboratori alla pari e non chiedere i giorni per malattia o ferie a qualcuno. Così è cooperazione, così mi piace. E questo perché sono di sinistra, perché sono un fanatico della dignità. E se per qualche motivo non valgo granché voglio che i miei pari decidano autonomamente di non scegliermi, che ognuno di loro mi scarti come partner di lavoro, e non che qualcuno decida di licenziarmi allontanandomi dal mio ambiente di lavoro. E questo perché sono di sinistra anche per la competizione, non solo per la cooperazione. Essere di sinistra è avere un temperamento certamente socievole e sociale, ma profondamente indipendente. Un natura che si fa tratto culturale e politico distinto.

Eppure la sinistra ha quasi sempre difeso solo i lavoratori dipendenti. È una contraddizione, nient’altro che una volgare contraddizione logica, politica e di valore. Solo dove i rapporti sono perfettamente simmetrici cadono del tutto le condizioni necessarie allo sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Io credo che un mondo di sinistra sia un mondo fatto di lavoratori indipendenti di ogni tipo che esercitano pratiche solidali per i propri interessi collettivi. Un mondo dove il salario non esiste. Dove non c’è chi ti assume o “ti dimette”. Dove puoi mandare a fanculo chi vuoi senza che il tuo lavoro possa essere irrimediabilmente compromesso. E soprattutto un mondo dove lo Stato provveda a tutte, ma proprio tutte le tutele, le previdenze e i servizi. Proprio quelli oggi dedicati solo ai lavoratori dipendenti.

Ogni innovazione tecnica cambia la società e la politica. L’innovazione della mia generazione non è la macchina a vapore, non è l’elettrificazione e nemmeno l’industrializzazione. L’innovazione della mia generazione è Internet. E Internet non è un posto gerarchico. È luogo orizzontale, essenzialmente popolato di soggetti pari fra loro, liberi nelle loro profonde e meravigliose diversità. Credo che la sinistra debba finalmente arrendersi a diventare isomorfa ai tempi, risintonizzarsi, riallinearsi, ricollegarsi a quel che accade qui ed ora. Con questa idea di mondo, quel piglio, quella dedizione alla dignità e quel carattere continueranno ad avere un contenitore politico. Oggi il senso della sinistra sta nella tutela senza esclusioni dei lavoratori indipendenti, facendone un unico nuovo blocco sociale, culturalmente determinato e riconoscibile, anche attrattivo, con valori e carattere propri. Le parole si dileggiano di continuo. Le chiamano con disprezzo “chiacchiere”. Eppure non ho mai visto fare nulla di buono a due uomini se prima non lo hanno condiviso. Per questo ho accettato l’invito di chi mi ha detto “Parliamone”. Ci andrò e racconterò di queste idee, perché non puoi fare nulla di concreto se prima non lo pensi e non lo discuti.

Fabrizio Procopio