I nomadi del primo maggio

Dai Nomadi a Enzo Avitabile, passando per i Velvet, i Modena City Ramblers, i Tiro Mancino, Enzo Jannacci, Francesco De Gregori (in più riprese), Irene Grandi e tra i pochi stranieri l’ex “dark teenager” Juliette Lewis. Così si è articolata la maratona musicale del primo maggio: poche novità (tra cui i vincitori del progetto “primo maggio tutto l’anno”), qualche volto storico e come ogni anno tanto consenso popolare sotto l’afoso cielo romano.
L’evento organizzato dai sindacati confederali, come nel 2004, continua sulla strada della “sinistra con discrezione”, concedendo ampi spazi alla musica impegnata e riproponendo la conduzione di Claudio Bisio beneficiata dal dono della diretta televisiva che lo scorso anno, causa prove tecniche di regime, era mancata. Sono ben lontani dal palco di San Giovanni Vasco Rossi, Franco Battiato, Pino Daniele, Zucchero, Elio e le storie tese e altri artisti, politicamente indefinibili, che erano stati protagonisti di passate edizioni del concertone. Come restano solo un ricordo i vari Robert Plant, Lou Reed, Bob Geldof, Elvis Costello e altri personaggi che avevano spinto persino la Roma “pariolina” e conservatrice a denigrare “la fava col pecorino fuori porta” e applaudire, assieme alla plebaglia, le grandi star della musica internazionale.
Il primo maggio è la festa dei lavoratori e la politica, adottata per anni, di offrire gratuitamente ai “festeggiati” uno spettacolo musicale di grande livello non era del tutto biasimabile; correva però il rischio di trasformare una significativa manifestazione popolare in un evento mediatico fine a se stesso: una sorta di Spaghetti Woodstock in cui il messaggio del primo maggio si andava a confondere con filosofie da sesso droga e rock and roll. La formula attuale esprime motivazioni più chiare, ma la rosa ristretta degli artisti di un certo rilievo la cui presenza è in bilico sino all’ultimo minuto, con la complicità di un apparato organizzativo non impeccabile, ogni anno lascia artisticamente il tempo che trova. Se il concerto romano non fosse l’unico evento musicale gratuito di un certo richiamo in Italia il problema non sorgerebbe. Ma avendo anche questa responsabilità, un equilibrio più saldo tra valori espressi e qualità artistica diventa più che auspicabile.