La certezza dei Pooh

Nel 1990 eravamo sensibilmente avanti, almeno nel coraggio della sperimentazione. L’inno della nazionale italiana di calcio fu affidato a una muscolare Gianna Nannini che intonando Notti magiche con voce rasposa fu, nel suo piccolo, un lampo di avanguardia nella paludata liturgia del pallone. Perché la rocker toscana era famosa sì, ma certo non in grado – almeno sulla carta – di soddisfare ecumenicamente i gusti di tutti. Come, invece, sanno fare i Pooh. Inossidabili e sfacciatamente classici canteranno Cuore azzurro che accompagnerà i nostri al Mondiale di Germania. E questo vuol dire soltanto una cosa: lo spirito dei tempi è cambiato. Basta rischi in un’epoca di crisi e sogni implosi. C’è stato un momento, quando di fronte alle telecamere Roby Facchinetti ha proposto il ritornello con quella sua voce perfettamente modulata e riconoscibile anche da mia nonna, in cui dai tinelli d’Italia si è levato un unico immenso sospiro: finalmente una certezza di cartapecora nella babele postmoderna.