Quale Avvenire

Cara Left Wing,
non so se anche la tua bolla, il termine à la page che oggi descrive il microcosmo che ci troviamo in qualche modo ad abitare e frequentare e sul quale basiamo normalmente la nostra idea di mondo, si comporta allo stesso modo: nella mia, da qualche tempo si assiste al fenomeno della (ri)valutazione e dell’apprezzamento dell’Avvenire, il quotidiano cattolico emanazione della conferenza dei vescovi italiani. Apprezzamento che viene in larghissima misura da chi con la Chiesa dei territori, quella delle parrocchie di ogni ordine e grado, quella delle chiese sgarrupate, dei centri d’ascolto traballanti, degli oratori nei quali non nascono più i campioni di calcio essendo diventati un necessario sostituto delle baby sitter in periodo estivo, la Chiesa “vera” per così dire ha poco o nessun contatto reale.

Si sta verificando una cosa singolare, almeno nella mia bolla di pedina del terziario avanzato milanese di centrosinistra, e cioè che il «quotidiano dei vescovi» è largamente più letto e preso a riferimento di un certo modo di stare al mondo, almeno per quanto riguarda quel vasto spazio di esperienze umane che hanno a che fare con il maneggiare i diritti umani e civili, da chi viene da ambienti storicamente lontani da quello cattolico piuttosto che da chi di quell’ambiente fa parte da una vita o almeno lo frequenta in modo continuo e attivo nella sua attuale fase di vita. I primi sembrano spesso presi da una sorta di stupore, spesso espresso da frasi che suonano come «ma tu guarda se adesso il solo organo di informazione serio e credibile dev’essere l’Avvenire», frasi che mostrano uno sconcerto genuino pari almeno alla scarsa consapevolezza che moltissime delle cose scritte, delle attività raccontate da quel giornale (un esempio per tutti, l’invito a Salvini scritto da Francescco Riccardi il 26 aprile sotto il titolo «Signor Ministro, venga a vedere cosa fa davvero la Caritas») per chi è “dell’ambiente” non sono davvero nulla di nuovo, al punto da non aver bisogno di comprare e leggere l’Avvenire né per venirne a conoscenza né soprattutto per far propri certi valori e la loro incarnazione e realizzazione pratica. (Per inciso, si potrebbe anche spendere un minuto o due a riflettere sul fatto che, tranne casi tutto sommato piuttosto rari legati a personalità di spessore davvero fuori dal comune, la grandissima parte dei cattolici non fa dei vescovi le proprie bandiere così come avviene in altri ambiti politici e sociali, da Matteo Salvini a Gino Strada: sarà che il capo, quello vero, è un tipo uno e trino, un comitato centrale in carica da duemila anni).

Insomma, cara Left Wing, come ti dicevo non so se è la mia bolla a essere strana o se anche la tua e quella dei nostri comuni conoscenti fa lo stesso. Certo tutto avrei pensato, anche solo cinque o sei anni fa, tranne di vedere con i miei occhi questa versione aggiornata del sol dell’Avvenire: what a time to be alive, no?