Seconda morte della Prima Repubblica

Cosa lega la morte di Norberto Bobbio, lo scandalo Parmalat, la battaglia politica su Bankitalia, la due giorni dei girotondi, le assemblee del parlamentino di An e dei seguaci di Storace, il successo dello sciopero dei Cobas e le elezioni europee? A tenere insieme fatti apparentemente tanto disparati, al di là della pur significativa coincidenza temporale, è la sensazione che essi trasmettono al paese: la fine di un ordine. La fine di quell’ordine etico-politico che aveva in Bobbio il suo massimo rappresentante; la fine di un ordine economico, basato su un intreccio tutt’altro che limpido tra sistema bancario e grande impresa, sopravvissuto persino a tangentopoli; la fine di un ordine politico, fondato sul primato dei partiti e dei loro gruppi dirigenti; la fine di un ordine sociale, garantito dalla forza e dalla rappresentatività dei tre sindacati confederali. Si ripresenta dunque in Italia, come nel ’92 di fronte alla crisi della lira e all’inizio di Mani pulite, lo spettro di un paese “selvaggio”. La tentazione di scartare di lato davanti al crollo di ogni precedente sistema di composizione degli interessi. Di qui lo spirito di scissione dei Cobas, dei risparmiatori, della società civile. Ma anche del governo, tentato di cavalcare l’onda lunga del ribellismo popolare contro l’Europa, la moneta unica, le istituzioni di garanzia – prima tra tutte la Banca d’Italia – per andare alle elezioni su una linea di scontro frontale. Una linea del resto assai simile a quella del ’94: da una parte la libertà e il nuovo, dall’altra i difensori di un vecchio regime morente e incapace ormai di tutelare il suo stesso blocco sociale. Incapace di tutelare i risparmi e i salari, gli investimenti e i redditi fissi, arroccato a difesa di istituzioni e poteri che la rivoluzione berlusconiana potrebbe spazzare via definitivamente (indicando proprio nell’esitazione ad attuare il grande Terrore la responsabilità dei suoi mancati successi). Una linea che consentirebbe a Berlusconi, tra l’altro, la riduzione al silenzio degli alleati, concentrando nuovamente su di sé lo scontro politico. E che sta già chiudendo il centrosinistra in un angolo da cui certo non potrà uscire con la retorica dell’altra Italia, delle regole e dell’impegno civile. Argomenti che difficilmente convincerebbero i risparmiatori coinvolti nei crack Cirio e Parmalat, o gli autoferrotranvieri preoccupati per il salario e le condizioni di lavoro. Quando alla vigilia dell’assemblea girotondina, sul Corriere della Sera, Nanni Moretti afferma che il centrosinistra deve rispondere “alle preoccupazioni della gente” dice una cosa giusta; quando sostiene che la prima di queste è la legge sul conflitto di interessi, ci fa capire perché Berlusconi sorride sempre.