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Ma è vero che si tratta di scegliere fra un Iraq normalizzato dagli Stati uniti e un Iraq liberato dai tagliatori di teste? Fra una Cecenia normalizzata da Putin e una Cecenia dominata dai sequestratori di bambini?”.
A queste domande Rossana Rossanda risponde sul Manifesto che no, non è vero. Da una persona di sinistra, a questa risposta ci si aspetterebbe seguisse una spiegazione del tipo: non è vero perché tocca a noi, all’Europa, all’Italia, alla sinistra impegnarsi per cambiare le cose. Non era così che si usava dire, a sinistra, un tempo? Non eravamo noi quelli che volevano cambiare il mondo? No, o non più, almeno. Perché la spiegazione della Rossanda suona così: “L’Iraq non tornerà normale finché dura l’occupazione americana. E’ questa che lo ha gettato dalla dittatura nel caos e imponendo un governo Quisling sollecita una resistenza che, non avendo un foro minimo di elaborazione consentita, suscita anche frange fondamentaliste o semplicemente criminali. Ma non sono queste che tengono l’Iraq fra le mani: esso è o sarà nelle mani delle gerarchie sciite e sunnite, che sono in grado di far desistere anche Al Sadr – una repubblica islamica, bel risultato dell’idiozia del Pentagono e dei suoi sostenitori europei. Né la Cecenia è in mano ai sequestratori di bambini: se Putin la lasciasse sarebbe una repubblica islamica diretta da Mashkadov”. Ignoriamo da quali fonti riservate e accurati studi la Rossanda tragga la certezza assoluta di tali esiti in Iraq e in Cecenia, qualora gli americani se ne andassero. Ma la conclusione che si trae dalla sua risposta alla domanda sopra formulata, se davvero si tratti di scegliere fra un Iraq normalizzato dagli Stati uniti e un Iraq liberato dai tagliatori di teste, è che no, non è vero: si può tranquillamente scegliere di lasciarlo decidere ad altri.