Il senso di Bonolis

Difficile dire se “il senso della vita” sia un programma brutto o bello, innovativo o riciclato, perché la nuova trasmissione di Bonolis è fondamentalmente noiosissima. Di certo l’ora tarda non ha aiutato, ma ha per lo meno contribuito a dare al tutto un’aria tranquilla e leggermente sofisticata, che invece manca alla scenografia, pericolosamente somigliante a quella di “Chi vuole essere un milionario”. Ma il problema non è quel che c’è nella trasmissione, o quel che sarebbe potuta essere (chiamandosi come un film dei Monty Python) e non è stata, il problema è Bonolis. E capite da soli che non è cosa da poco. Per la precisione è l’atteggiamento di Bonolis. Ha deciso che vuole insegnarci il senso della vita e fin qui pazienza, ma per farlo mette su quell’espressione grave e contrita, che ha lungamente collaudato a Domenica In, e questo è decisamente meno sopportabile. Così qualsiasi proposta, anche la meno impegnata – come l’ennesima riedizione del Giudizio Universale di Cuore – finisce per sembrare eccessivamente pretenziosa. Il problema è che per farlo non ha il fisico. Vorrebbe essere un po’ Celentano, ma non ha la faccia di quello che ci crede veramente, e magari anche un po’ Beppe Grillo, ma gli manca la maschera trasfigurata dell’uomo pronto a tutto. Lui vuole spiegare, non denunciare. Vuole essere un predicatore a basso costo. E se almeno sembrasse crederci un po’, potremmo perfino perdonarglielo. Invece mentre accompagna ogni intervista e ogni intervento con la stessa espressione dolente ci viene da fargli un’unica domanda: caro Paolo, ma dove è finito Uan? Perché perfino allora – quando conducevi assieme a un pupazzo dal pelo rosa – sembravi crederci di più. Per il resto la trasmissione non possiede nessun acuto rilevabile, né in positivo né in negativo. Potrebbe essere la Domenica In targata Bonolis in formato serale e feriale. Insomma più che il senso della vita, Bonolis dovrebbe spiegarci il senso della trasmissione.