Dov’è la gloria

Sì, sono religioso. Sono un Satanista… E’ una serie di valori a cui mi attengo… Cerca di vederli come la Legge di Natura per gli animali della foresta. Vivono secondo la legge del più forte… La Cristianità è l’esatto contrario. E’ un gruppo di deboli che si unisce e lavora come uno solo. Questo è del tutto contrario alle leggi di natura”.
Questo polveroso condensato di idiozie filosofiche proviene da un’intervista ad Infernus, leader, fondatore e chitarra dei Gorgoroth. L’unica buona notizia è che “Ad Majorem Sathanas Gloriam”, nuovo cd della band norvegese, si salva almeno sotto il profilo musicale, riproponendo la ferocia – ai limiti del rumore – e la tecnica a cui ci hanno abituato sin dall’esordio di “Pentagram” (’93) e attraverso i successivi: “Antichrist” (’96), “Under The Sign Of Hell” (’97), “Destroyer” (’98), “Incipit Satan” (’00, considerato il loro migliore, con influenze industrial e progressive innestate nel tronco black-metal) e “Twilight Of The Idols” (’03).
Com’è evidente, l’ispirazione è monotematica, ai limiti dell’ossessione e oltre. Il percorso è un voluto concentrato del peggio e del meglio dell’iconografia black: continui cambi di formazione (che non hanno peraltro disperso o alterato il sound), delirio antireligioso e arianeggiante, “incidenti” privati. La band nasce nel ’93, insieme a Infernus sono il cantante Hat (“odio” in norvegese) e il batterista Goat Pervertor; il primo demo vale una collaborazione con mr. Christian “Varg” Vikernes, alias Burzum; da lì in avanti i Gorgoroth proseguiranno con le proprie gambe, ma il magister tenebrarum del black avrà lasciato il proprio nefasto imprinting. Per il full-lenght d’esordio il basso viene affidato a Samoth degli Emperor (più tardi arrestato per avere dato fuoco a una chiesa); il continuo turn-over di musicisti porta, intorno all’epoca di “Destroyer”, all’ingresso del cantante Gaahl e del bassista King Ov Hell, ancora presenti nelle registrazioni di “Ad Majorem…” insieme al batterista Frost (anche nei Satyricon), già reclutato all’epoca di “Under The Sign…”. Nel frattempo, Gaahl ha scontato 14 mesi di detenzione per aggressione e minacce e Infernus è stato accusato di stupro. Scagionato dall’accusa, ha ricevuto una condanna a un anno per avere assistito al fatto senza intervenire.
Con questo background, suona in effetti un po’ sinistro occuparsi di musica e riconoscere a questi gentiluomini d’avere registrato un discreto lavoro, introdotto dal break di “Wound Upon Wound” e contraddistinto dalle ottime “Carving A Giant”, “White Seed” (ritmo davvero infernale e finale cacofonico) e “Prosperity And Beauty” (Emperor meets Black Sabbath); su buoni livelli “Exit” e “Sign Of An Open Eye”, sorta di black ballad. Più convenzionali “God Seed” e “Untamed Forces”, chiusa da una brutta dissolvenza. Non brutta quanto il cosiddetto “incidente polacco”: nel 2004 la band sceglie Varsavia per la registrazione video di un concerto; si presentano con teschi di capra infilzati su torce, 80 litri di sangue del medesimo animale lasciati colare sul palco e quattro modelli crocifissi. Durante lo show, una delle modelle sviene e dev’essere soccorsa. Seguono denuncia per oscenità, espulsione e sequestro della registrazione. Nella medesima intervista citata all’inizio, Infernus sembra stupirsi di questa reazione.
Sapendo che il medesimo trucco (crocifissione) messo in scena da Sua Fitnessità Madonna passa per “geniale provocazione” (non sarà espulsa, dovesse anche suonare in Vaticano), la biografia dei Gorgoroth e le loro bravate sembrano fatte apposta per esaltare gli ancor più noiosi profeti della devastante influenza del metal sulle giovani coscienze. In realtà, ribadito che “Ad Majorem…”, nel suo genere, è un buon lavoro, la gloria maggiore in causa qui è quella del vile metallo – inteso come denaro.