Il minimo storico della Tv

Il dato auditel più notevole di questo inizio di 2018 è che la platea della televisione ha raggiunto il suo minimo storico, dopo avere più che riassorbito, perdendo uno spettatore ogni dieci, la bolla gonfiata dagli anni peggiori della crisi economica. A ennesima verifica della norma per cui a tasche vuote corrispondono platee casalinghe piene. E tanto per evidenziare che, a differenza dei consumi culturali “intenzionali” (quali cinema, teatro, libri, musei, concerti) l’attenzione che prestiamo alla televisione è frutto delle circostanze che ce la parano più o meno frequentemente dinanzi. Mentre la platea si contrae, e qui passiamo all’altro dato notevole, La7 ha preso a guadagnare posizioni invertendo, in capo a quattro anni, l’arretramento della gestione Cairo, rispetto al lascito della gestione Telecom (che aveva visto il boom di Mentana, e le performance più cospicue di Crozza e Santoro). L’inversione di tendenza non è di lieve entità se si guarda alla serata, dove il guadagno è dello 0,8%, mentre tutti gli altri sono stazionari o, nel caso di Sky, arretrano bruscamente. Ma, a indicare un qualche cambiamento strutturale, sta anche il piccolo aumento (un paio di decimi) nel pomeriggio, nonostante che in quella fascia il Cairo-palinsesto sia ancora tutto da inventare.

Rispetto ai tempi di Santoro e Crozza il risultato è più distribuito fra serate e protagonisti: Floris, nonostante o forse grazie agli insopportabili e ininterrotti applausi che ce ne dividono, stravince per ko tecnico rispetto a Berlinguer; Formigli regge bene il ritorno di Santoro, anche perché M, più che a contendergli lo stesso pubblico, è riuscito a inventarsene uno proprio (tanto per dire: a M la claque imperversa assai meno). Propaganda Live è arrivata al 3,7% (cioè ai livelli che Gazebo aveva raggiunto su Rai Tre, ma stavolta con più numerose interruzioni pubblicitarie) grazie alla progressiva maggiore fidelizzazione degli spettatori, segno che Diego Bianchi&C stanno riuscendo, lima qui e taglia là, a diradare gli intervalli di noia inizialmente inflitti alla nicchia dei loro happy few.

E poi c’è Giletti che, sia giocando da profeta della porta accanto (stile Del Debbio) sia esibendo il passo narrativo proprio di chi è cresciuto nella Rai di Pippo Baudo, ha costruito un solido pubblico muliebre, specie fra le adolescenti e le loro nonne ultra sessantacinquenni. E in più sembra funzionare verso il pubblico maschile populista sì, ma non analfabeta, come testimonia la circostanza che fra chi lo segue i laureati stiano sulla media del programma, a differenza di Del Debbio che le lauree nel suo pubblico dovrebbe cercarle col lanternino. In sostanza, Giletti sembra aver colmato il vuoto-canaglia lasciato da Paragone, ma aggiungendovi una notevole quota di “perbene”. Si tratta dunque di un programma a vocazione maggioritaria. Esattamente quel che mancava a La7 e che la cucina del canale doveva assolutamente mettere sui fornelli. Lasciamo ai critici dietologi di dibattere delle virtù nutritive.