Indignati

In tutte le risse da bar c’è un tipo simile. E’ quello che arriva alla fine, che non c’entra nulla, che entra nel locale quando finalmente sembra che la scazzottata volga al termine o sia stata quanto meno circoscritta. E ci si butta. Alla fine, dopo fior di articoli, interviste, barzellette, corsivi infuocati e speciali televisivi sul caso nazionale dello sputo, anche la Fallaci ha intinto la penna nella saliva e ha detto la sua. Naturalmente con sdegno, oltre alla rabbia e orgoglio di ordinanza, prendendosela col danese, reo di avere maltrattato il pupone per tutta la partita. Tanto che a parere dell’illustre giornalista si sarebbe meritato, oltre allo sputo, un bel cazzotto e una ginocchiata sulle palle. Apriti cielo. Il giorno dopo tocca a Candido Cannavò prendere con durezza le distanze: se ogni campione maltrattato nel passato avesse reagito “non dico sputando, ma sferrando calci sui coglioni, avremmo oggi una galleria calcistica di illustri eunuchi”. E anche la redazione del giornale si è sentita in dovere di riaffermare con un comunicato la propria “ultracentenaria fedeltà” ai valori dello sport.
Povero Totti. Certo, ha fatto una sciocchezza, ma non poteva immaginare che la sua reazione sarebbe diventata un caso nazionale come nemmeno Abu Ghraib per gli americani, che poi Rumsfeld sta ancora al suo posto e si è preso anche gli elogi del presidente. Spiace solo vedere l’autorevolezza di una delle ultime istituzioni rimaste trascinata in fondo dall’inarrestabile declino civile del paese: un tempo la lettera di una donna, per di più scrittrice, alla Gazzetta dello Sport sarebbe finita automaticamente nel cestino.