Katie business

Dietro un grande uomo c’è sempre una grande donna, dietro le spalle di Tom Cruise non poteva che svettare Katie Holmes. La loro è storia di tristezza rara: giovane attrice priva di talento, insopportabile anche nella serie televisiva che l’ha resa famosa, spunta dal nulla e ruba il cuore a un quarantenne mito – a onor del vero da noi mai condiviso – degli ultimi vent’anni. Il problema è che per Cruise la storia della “grande donna” è una maledizione, e non per trite questioni di centimetri. Lui diventa quello che ha a fianco. Il bassotto grazioso della porta accanto sposato a Mimi Rogers si è trasformato in divo di splendore riflesso dall’altera, irraggiungibile Nicole Kidman per poi ridursi a rospo insignificante accanto a Penelope Cruz. Coerentemente, vicino alla virginale Holmes fa un po’ la figura del personaggio di Dawson’s Creek: adolescente preda di facili entusiasmi. A riservarle superiore benevolenza, infatti, la ragazzina non ha uno straccio di carattere: per qualche ora ha creato imbarazzo la voce che volesse cambiare nome e farsi Kate Cruise, di professione Immagine e Somiglianza.
Come per i reality show, condizione al contorno è considerare che tutto quello che raccontano sia la verità. Abbiamo perciò deciso di credere all’incontro scritto nelle stelle, senza necessità di dettagli mondani, e al colpo di fulmine a seguire. Ignorando fortunate coincidenze promozionali, ci siamo lasciate convincere dalle dichiarazioni saltellanti, dagli smottamenti sopracciliari, da tutto ciò che di sconveniente, per un pubblico adulto, è accaduto sul divano di Oprah Winfrey. Quella della riservatezza deve essere un’ossessione flessibile, inversamente proporzionale al grado di coinvolgimento: se Tom, al fianco della divina Nicole, ostentava affettuosa compostezza era solo perché lei non gli piaceva abbastanza. Katie, invece, è la prova vivente – giusto un po’ scialba – che il concetto di “così innamorato da gridarlo al mondo” può essere applicato al reale.
Un superbo atto di fede, senza dubbio, ma ben documentato: TomKat è un blob dilagante di cartoline di Peynet. Dal perpetuo squittìo mediatico apprendiamo che i due sono: emozionati in Aprile; un uomo incredibile, una donna straordinaria, entrambi molto emozionati in Maggio; sposi promessi a Giugno, lui l’ha chiesta in moglie – che emozione – in cima alla Tour Eiffel; perennemente avvinghiati per tutto Luglio e Agosto; emozionatissimi a Settembre. Al termine della carrellata, l’accessorio irrinunciabile di questo inizio autunno: una (emozionante) gravidanza. Tutta la famiglia partecipa commossa; ne dà il lieto annuncio Lee Anne Devette, sorella di Cruise e da poco portavoce di entrambi. La futura mamma è raggiante. E sì, anche incredibilmente emozionata.
La speranza è che tutto questo cinguettare valga per Katie da allenamento alla soavità: la Chiesa di Scientology – “filosofia religiosa applicata” e protetta da copyright che regola qualunque aspetto della vita di Tom Cruise e relative signore, finché reggono – prevede un certo rigore nella messa al mondo degli eredi. Tanto che Nicole Kidman preferì delegare la pratica, adottandone un paio, prima di chiedere il divorzio e scatenare la rituale tempesta di voci su presunte sterili omosessualità. Il parto deve svolgersi senza occasioni di trauma per l’infante, che potrebbe lamentarne le conseguenze a vita. Un travaglio quieto: nessun antidolorifico, proibite le chiacchiere, figuriamoci le urla. Nel silenzio più assoluto la creatura trascorrerà anche la prima settimana, preferibilmente sola e senza il sollievo di un bagnetto rinfrescante. Nel frattempo mamma e papà cercheranno di dirimere la questione delle nozze: Tom ha scelto il Celebrity Center di Scientology, a Los Angeles, ma la sposa preferirebbe un resort nello Yucatan e conservare almeno un’illusione di romanticismo. Non deve essere così che lo immaginava, piccola Katie, quando diciassettene si mangiava le unghie davanti alle locandine di “Jerry Maguire”. Ma certi sogni costano – successo, fama – e non puoi sempre cavartela pagando solo col sudore.