La noia e l’orgoglio

All’inizio l’avevamo detestata per quel continuo chiedere spiegazioni e porre domande. Ma forse l’unica cosa da salvare di “Un film parlato”, ultima opera del novantacinquenne regista portoghese Manoel de Oliveira, era proprio lei, Maria Joana, la bambina che con la madre, professoressa di storia, parte da Lisbona per una crociera nel Mediterraneo. Il loro viaggio diventa un pretesto per ripercorrere la storia della civiltà occidentale. Ma il Mediterraneo è anche il luogo dell’incontro con la cultura araba e spesso il racconto indugia sul tormentato rapporto tra le due civiltà. “Ma arabi e cristiani si fanno ancora la guerra?” chiede la bambina. “No, quello succedeva nel Medio Evo”. Sulla nave salgono anche tre donne, un’imprenditrice francese (Catherine Deneuve), una cantante greca (Irene Papas) e una ex-modella italiana (Stefania SandrellI). Il galante capitano (John Malkovich) le invita al suo tavolo e le loro conversazioni su cultura e politica, civiltà occidentale ed Europa occupano la seconda parte del film. A tavola si parlano lingue diverse, ma ci si capisce ugualmente, risultato unico di una società costruita da storie nazionali diverse, ma unita da valori comuni. Il film sembra avviato stancamente alla fine quando a turbare la serenità del viaggio (e l’assopito spettatore) si materializza inattesa la minaccia terrorista. Tutti fuggono precipitosamente tranne Maria Joana che si attarda per portare in salvo la bambola vestita da araba che il capitano le aveva regalato. Quel sentimento così tipicamente occidentale di attrazione verso un oggetto esotico le costa la vita, ma ce la rende assai più simpatica delle noiose signore che avevano conversato banalmente per tutto il secondo tempo. La tesi del film sembrerebbe questa: l’occidente è vicino alla fine, e se restasse fedele ai suoi principi rischierebbe di fare la fine della bambina. Vicino alla fine o no, di certo dopo questo film è un po’ più stanco di prima. Verrebbe voglia di ribattezzarlo “la noia e l’orgoglio”, ma forse non è il caso di esagerare con le interpretazioni, anche perché De Oliveira, con scanzonata ironia, spiega di aver girato il film solo per fare un omaggio alle tre attrici. Evidentemente gli erano antipatiche.