Nessuna pietà per la maggioranza

Duri e impuri, artefici di un sound che rifiuta ogni compromesso accettandoli tutti, i tedeschi Kmfdm (Kein Mitleid Für Die Mehrheit, ovvero Nessuna Pietà Per La Maggioranza) dell’eclettico Sascha Konietzko possono rivendicare d’essersi mossi tra i primi nei territori del genere industrial, per affinare negli anni uno stile personale che è prodotto non dalla somma degli ingredienti ma dal loro scontro: rumorismo industrial, rilassatezze dance, accelerazioni techno, assalti hard e metal, improvvise accelerazioni punk, spiazzanti decelerazioni prog ed elettroniche: tutto confluisce nel pentagramma del gruppo dove viene masticato più che rielaborato, attraverso una cura a base di severi ritmi dub, industrial e metal.
Dominio e abuso dei sintetizzatori, voci raramente non filtrate, il sound dei Kmfdm condensa intelligenza e cialtroneria, originalità e ricalco, alternando momenti di fascino ad altri di irritante banalità; senza per questo che venga mai meno la sensazione di un preciso disegno, a cominciare dal rifiuto di ogni convenzione, soprattutto musicale. Il primo nucleo della band si forma a Parigi e consta dei soli Konietzko (anima e motore del progetto) e Udo Sturm: l’esordio è dal vivo, il 29 Febbraio 1984; Konietzko suona il basso e Sturm “armonizza” il tutto con i sintetizzatori. E’ l’inizio di un lungo percorso all’interno del quale il progetto sonoro è l’unica costante: la formazione cambia di continuo e nel 1999 si arriva allo scioglimento, seguito dalla nascita del gruppo-ombra Mdfmk (prima collaborazione con la cantante Lucia Cifarelli, tutt’ora in formazione) che, dopo un unico album, cede il passo nel 2002 a una nuova line-up del vecchio marchio. In tutto, tra ep e full-lenght, la produzione della band assomma venti album, dall’esordio ufficiale “What Do You Know Deutschland?” (’86), al trittico “Naive” (’90), “Money” (’92) e “Angst” (’93) che costituisce il loro momento migliore, sino a titoli/manifesto come “Nihil” (’95), “Retro” (’96), “Adios” (’98) e “Sturm Und Drang Tour Live” (’03). Dopo la reunion, pubblicano l’interessante “WWIII” (World War III, ‘03) e, di recente, l’energico “Hau Ruck” che, se non aggiunge nulla di nuovo al discorso, ha comunque l’apprezzabile pregio della convinzione e della coerenza. Spiccano l’iniziale “Free Your Hate” (con il testo “The Beating Will Continue / Until Moral Improves”); la title-track con sprazzi di Kraftwerk e Human League (ma i Kmfdm sono arrivati prima); “You’re No Good” dove la musica Techno incontra i Judas Priest (ascoltare l’assolo di chitarra per credere) e “Feed Our Fame”, esercizio hard’n’heavy in stile Megadeath. Interessanti anche l’indutrial-cabaret di “Mini Mini Mini” (dove la rima tra “Docteur Schweitzer” e “air” è meno insensata di quanto sembri) e la dance elettronica “Real Thing” che nel ritornello sembra riprendere il verso “I’m The Real Thing” dei R.E.M. di “Crush With Eyeliner”. Decisamente meno riusciti “Professional Killer” e “Auf Wiederseh’n”, manierismo elettrico anni ’80.
Menzione a parte per “New American Century” dove, a parte la critica un po’ scontata al sistema americano (ma la band vive da anni negli States), si trova la sintesi perfetta del sound e anche della scrittura del gruppo: testi veloci e abrasivi che riecheggiano i timori e le paranoie della nostra epoca. E fa sempre piacere ascoltare un riff incalzante che recita “How Can You Stand By So Quietly / Letting Them Rape Your Liberty (…) Those Who Cannot Learn From History / Are Doomed To Repeat It!”.