La Muerte dei Gorefest

Welcome to the age of make believe / Fuck the poor and hail the thief / Live the dream of your own creation / A hell on earth, with no salvation”. I Gorefest – dal cui nuovo lavoro, “La Muerte”, sono tratti questi versi di “The New Gods” – provengono da Zeeland, Olanda. La prima line-up data 1989: accanto ai fondatori Jan-Chris De Koeyer (voce e basso) e Frank Harthoorn (chitarra) ci sono le meteore Alex Van Schaik (seconda chitarra) e Mark Hoogendoorn (batteria). Più volonterosi che tecnici, i Gorefest incidono dopo nemmeno due mesi un demo che li impone all’attenzione della scena death, grazie soprattutto alla cavernosa ugola di De Koeyer, particolarmente adatta al genere; il demo (“Tangled In Gore”) procura un contratto con l’etichetta Foundation 2000 per la quale, oltre al successivo demo “Horrors In A Retarded Mind” (’90) esce il primo full-lenght “Mindloss” (’91). Veloci in carriera come nell’esecuzione dei brani, entrano in studio dopo avere ben impressionato come opener per i Carcass. Prima di approdare al secondo lavoro, tuttavia, si rende necessario implementare la formazione: ai meno dotati Van Schaik e Hoogendoorn subentrano Boudewijn Bonebakker e il batterista Ed Warby (ex-Elegy, ora con Ayreon e Star One); il tasso tecnico della squadra aumenta e produce, unitamente al contratto con la Nuclear Blast, “False” (’92) che segna lo standard death della band. Il tour di presentazione, sempre per non perdere tempo, si conclude con la pubblicazione del live “The Eindhoven Insanity” registrato durante il Dynamo Open Air festival. Nello stesso anno attraversano gli States in supporto al gruppo death per eccellenza, i Death del compianto Chuck Shuldiner. Il ’94 è già tempo di cambiamenti stilistici: “Erase” vira verso sonorità metal più tradizionali e apre un’immediata spaccatura tra i fan pur conquistando il successo internazionale. I successivi ep “Fear” (’94) e “Freedom” (single, ’96) mantengono la rotta verso acque meno agitate, sino ai decisamente rockeggianti “Soul Survivor” (’96) e “Chapter 13” (’98). Paradossalmente, il gruppo ha dimostrato una capacità evolutiva e di cambiamento completa, oltre a una crescita tecnica e compositiva; sfortunatamente, l’aver abbandonato quel terreno death che aveva loro dato origine e combustibile, non viene perdonato dal pubblico che decreta il totale fallimento (di vendita) degli ultimi due lavori. Nel 1999, alle soglie del decennale, i Gorefest si sciolgono, con la stessa velocità con la quale avevano proceduto sino a quel momento.
Dopo sei anni di silenzio, ritornano con un titolo niente affatto casuale. “La Muerte” li restituisce alle origini, perfettamente a loro agio nella costruzione di quello che è ora death-metal classico, con un vago sentore di “old fashion”: riff massicci, intricati assolo di chitarra, ottimo tappeto percussivo e ritmico, il tutto guidato dalla sempre atmosferica voce di De Koeyer. Gli stessi che ne criticarono i cambiamenti, giudicheranno probabilmente datato questo lavoro; di fatto, “La Muerte” conferma il talento del gruppo e mantiene un buon livello compositivo dall’inizio alla fine, completando l’opera con testi che, pur rispettosi delle tematiche d’obbligo (paranoia, menzogna, morte e distruzione), offrono osservazioni non banali e talvolta inedite nel genere; come nel caso di “Exorcism”, sorta di confessione a voce alta nel segno della resa, chiosata dall’invocazione: “I need an exorcism / Wash me clean from man’s pollution / I need an exorcism / Wash me clean”.