La schermitrice che odiava l’argento

Valentina Vezzali aveva solo ventidue anni nel 1996 quando ad Atlanta partecipò alla sua prima Olimpiade. Scherma, fioretto femminile, una fabbrica di medaglie per la squadra azzurra. Per il grande pubblico era un’illustre sconosciuta, più note le compagne Diana Bianchedi e soprattutto Giovanna Trillini, campionessa olimpica in carica e portabandiera dell’Italia alla cerimonia di apertura dei giochi. Nella gara individuale fu però proprio la più giovane delle azzurre a realizzare il miglior risultato, medaglia d’argento dietro alla rumena Laura Badea e davanti alla stessa Trillini. Nelle interviste dopo la gara Vezzali non mostrò grande entusiasmo, anzi dichiarò che secondo lei l’argento le andava un po’ stretto. A ventidue anni, alla sua prima olimpiade, si lamentava di una medaglia d’argento: questa ragazza era completamente pazza, oppure era una furia. Quale fosse la risposta si iniziò a intuire nella gara a squadre, dove le tre schermitrici italiane vinsero la medaglia d’oro sconfiggendo in finale proprio la Romania; come minimo Vezzali era una pazza dannatamente dotata.
Quattro anni dopo a Sydney la ragazza di Jesi si presentò all’olimpiade da numero uno del ranking mondiale, campionessa mondiale in carica e prima in coppa del mondo, il titolo olimpico venne di conseguenza, assieme a quello a squadre. Da allora le medaglie nel palmares di Vezzali sono diventate così tante che è difficile contarle: tre mondiali, otto coppe del mondo, undici titoli italiani e l’anno scorso, ai giochi di Atene, il secondo oro olimpico. Ieri a Lipsia si è aggiunto al grappolo il quarto titolo mondiale, al termine di una finale tirata all’ultima stoccata contro la tedesca Mueller. Più della vittoria farebbe notizia la fatica nell’ottenerla, se non fosse che Valentina appena quattro mesi fa era impegnata nel dare alla luce suo figlio, Pietro. Finalmente umana, Vezzali ha dichiarato che dopo questa vittoria vuole prendersi una vacanza. Di una settimana.