Perché occorre il metodo Galli

Raccogliendo qua e là spunti e argomenti, mi sono fatto un’idea abbastanza precisa di chi potrebbe ricoprire l’incarico di presidente della Repubblica con soddisfazione di tutti, e in particolare del Corriere della sera, i cui editoriali prodighi di consigli e ricchi di riflessioni ho tenuto in particolare conto nell’analisi seguente. Non sarà il metodo Ciampi, ma sono sicuro che è comunque un buon metodo per raggiungere sin dalla prima votazione una larga intesa, che vada ben oltre i confini della maggioranza di governo, e abbia il plauso della stampa libera.
Anzitutto, la questione anagrafica. La si è affrontata sotto traccia, perché non è carino far calcoli sull’età avanzata degli eventuali candidati, ma nella riproposizione di Ciampi da parte del Polo delle Libertà ha probabilmente contato anche questo: più è anziano il futuro presidente, prima è da sperare che si riproponga la defatigante procedura di elezione di un nuovo Presidente. E siccome il governo Prodi non è detto che duri proprio cinque anni, o almeno: questa è la legittima speranza dell’opposizione, chissà che i giochi non si riaprano tutti quando sarà il momento. E poi, diciamo la verità, qualora si eleggesse un giovanotto, siamo tutti preoccupati di quel che potrà fare un Presidente che lasci il Quirinale poco dopo i sessant’anni. Io direi allora che, tenuto conto della speranza matematica di vita così come definita nel calcolo delle polizze dalle assicurazioni, che su questo potete star certi che ci azzeccano, il futuro Presidente non dovrebbe avere meno di ottanta anni.
Poi la questione istituzionale. Se il futuro Presidente della Repubblica avesse un pedigree istituzionale sarebbe meglio per tutti. Potrebbe ricoprire in maniera eccellente quel ruolo di garanzia che l’inquilino del Quirinale è chiamato ad esercitare. E siccome si vuole giustamente che il Presidente eserciti il suo ruolo in maniera notarile, nel rispetto rigoroso del dettato costituzionale, si potrebbe pensare di candidare il Presidente del Consiglio Nazionale del Notariato. È una buona idea, ne converrete, ma troppo avanzata, anche perché nel programma del futuro governo c’è la dirompente proposta di riformare gli ordini professionali. Il conflitto di interessi rischierebbe di investire la più alta carica della Repubblica. Per ragioni analoghe, mi riesce difficile pensare che si voglia pescare tra i giudici della suprema Corte, ora che c’è un referendum costituzionale alle porte. Sarebbe un segnale di conservazione, e la Lega non gradirebbe. E poi quei giudici sono sì i sacerdoti della Costituzione vigente, ma formano anche, secondo i radicali della Rosa nel Pugno, la cupola della mafiosità partitocratica. Non si può fare.
Ma il Presidente della Repubblica deve essere super partes: su questo non ci piove. Un buon modo per trovare un uomo politico super partes sarebbe quello di trovarne uno in pensione. Ricordo ancora l’impressione che mi fece la storia di Lucio Quinzio Cincinnato quando la lessi da piccolo in uno splendido volume cartonato che la sceneggiava a fumetti: Eroi in pantofole, si chiamava, di Gino Gavioli (non è più in commercio, ma si trova su eBay, a pochi euro, credo). Siamo ai primordi della repubblica romana, e Cincinnato se ne sta tranquillo nella campagna romana ad arare i campi, quando la patria in pericolo lo chiama. Lui lascia tutto, accorre, sbaraglia i nemici in pochi giorni, poi rinuncia alla carica per tornarsene alla serenità della vita agreste. Ora, non voglio drammatizzare lo scontro in atto, ma poiché bisogna tuttora leggere sui giornali, a diciassette anni dalla caduta del muro di Berlino, che le parti in causa si devono ancora reciproca legittimazione, chiamerei se non un salvatore della patria, almeno un uomo che pur appartenendo a una delle parti in causa (e l’opposizione concederà almeno questo, che appartenga alla maggioranza), si sia però ritirato dalla vita politica attiva, e in cui quindi la passione politica non ancora spenta sia almeno così decantata da non accendere più i fieri animi altrui.
Mi sembra ci sia tutto. Per un attimo ho preso in considerazione la folle idea di ricandidare un ex Presidente della Repubblica, ma Scalfaro sarebbe vissuto come un’autentica provocazione, mentre Francesco Cossiga non ha ancora raggiunto la fatidica soglia degli ottant’anni (e poi, se avete seguito il metodo sin qui, troverete disseminate qua e là altre piccole contro-indicazioni, sicché lascerei perdere). Ho quindi dato uno sguardo agli elenchi dei Presidenti di Camera e Senato. Eleggibili e di maggioranza ce ne son rimasti pochini, anzi due: Giorgio Napolitano e Pietro Ingrao. Il metodo consente di scegliere senza difficoltà. Ingrao è in vantaggio di ben dieci anni, 1915 contro 1925, e inoltre s’è effettivamente ritirato nella campagna laziale da un bel po’. Napolitano ha invece avuto responsabilità di governo negli anni della turbolenta transizione dalla prima Repubblica all’attuale (dico “attuale” e non “seconda”, perché non ho ancora ben capito come si contano le repubbliche), e ha inoltre il difetto di far tuttora parte del gruppo dell’Ulivo: sembra incredibile, ma non è abbastanza decantato.
Dunque: Ingrao. Certo, scommetto che Ingrao è un altro che ha ancora la falce e il martello nel cuore. Ma essere stati comunisti, e persino esserlo tuttora non è il vero problema. Le affettuosità verso Bertinotti in tutti questi anni dimostrano che a Ingrao l’opposizione saprà volere un gran bene. Infine: avremo finalmente fatto i conti col ‘900 e Panebianco e Galli della Loggia apprezzeranno entusiasti, anche perché il metodo è stato messo a punto seguendo i loro consigli.

P.S. Gino Gavioli è cattolico, è ultraottantenne, ha meriti preclari, e illustrerebbe ottimamente, cioè a fumetti, la storia della Repubblica. Se non può essere il futuro Presidente, che almeno di lui si ricordi chi sarà eletto, e consideri seriamente l’ipotesi di Gino Gavioli senatore a vita.