Una legge contro il negazionismo?

E così, se l’iniziativa presa dal ministro della Giustizia Mastella andrà in porto, non avrò più il diritto di negare lo sterminio del popolo ebraico. Sarò in compagnia dei cittadini austriaci, belgi, cechi, francesi, lituani, tedeschi, polacchi, romeni e slovacchi. Ma siccome l’Europa è grande e articolata, sarà ancora possibile che un belga vada in Olanda a negare, che un rumeno si sposti all’uopo in Bulgaria, o che un lituano scelga un’altra repubblica baltica per dire che ad Auschwitz non è morto nessuno. Gli italiani, presumo, andranno in Spagna. Almeno fino a quando non sarà passata in tutti i paesi dell’Unione la proposta tedesca di fare del negazionismo un reato in tutti i paesi.
Ma come diavolo si fa a delimitare la fattispecie normata dalla legge? Se ad esempio un docente utilizzasse i testi di Irving (lo storico inglese finito in carcere lo scorso anno in Austria perché macchiatosi del reato di negazionismo), per discuterli criticamente, sarebbe incriminato? E se si limitasse a enunciare l’intenzione di discuterli criticamente, senza poi mostrare nei fatti particolare spirito critico? E se qualcuno fa il negazionista per gioco di ruolo o per burla? Se si limita a “citare” le tesi negazioniste? Se qualcuno non nega, ma sminuisce? Se fa come Copernico, che avanza a titolo di mera congettura matematica l’ipotesi che sia la Terra a ruotare attorno al Sole, per sfuggire alla censura?
In base ad una simile legge, potranno esistere forme di mera manifestazione di un’opinione (per quanto smaccatamente falsa e moralmente turpissima) proibite per legge. Ma, mi domando: che fine farebbe chi negasse lo sterminio turco del popolo armeno (è un problema, con la Turchia che vuole entrare in Europa e che sulla faccenda ha un’opinione, diciamo, assai morbida)? E chi affermasse che, d’accordo, gli ebrei sono stati gasati dai nazisti, ma non è vero che lo siano stati anche gli omosessuali, è la solita cricca che gioca a far la vittima? Non è negazionismo anche questo? E poi, su scala minore, non è smaccatamente falso e moralmente turpe anche negare, ad esempio, l’eccidio delle Fosse Ardeatine, o sostenere che Giacomo Matteotti non fu mai rapito ed ucciso? Perché non una legge anche per queste e ogni altra falsità moralmente (ed enormemente) riprovevole?
Ovviamente, non sarebbe il primo caso in cui il legislatore non riuscirebbe a definire se non problematicamente il reato per il quale prevedere sanzioni penali. Ma vi deve essere una solida, anzi una solidissima ragione per limitare, ciononostante, principi fondamentali della civiltà giuridica europea, come la libertà d’espressione del pensiero. E quale sarebbe la buona ragione? Stanare l’antisemitismo latente, soffocare nella culla i rigurgiti di razzismo prima che dilaghino in Europa? Ma è molto opinabile, per non dire falso, che questa legge avrebbe una qualche efficacia al riguardo. Bisognerebbe prima dimostrare che l’antisemitismo è alimentato dagli storici negazionisti (e non il contrario). Bisognerebbe prima dimostrare che, imponendo al negazionista di tacere su Auschwitz (continuando però a consentirgli di chiacchierare, poniamo, sui pogrom o sui savi di Sion), è più difficile che l’antisemitismo si diffonda. E bisognerebbe dimostrare pure che ci si potrebbe davvero riuscire, a cancellare ogni espressione pubblica di un certo pensiero. Nei regimi non democratici, che limitano pesantemente la libertà d’espressione, le autorità sono costrette a vigilare senza sosta affinché certe opinioni non si diffondano. Accade allora che si cerchino forme diverse e meno dirette di manifestazione dello stesso pensiero. Se l’Austriaco ti impedisce di gridare “W Vittorio Emanuele Re d’Italia”, tu scriverai sul muro “W Verdi”, e il gioco sarà fatto. Ma mentre il regime autoritario non si limiterà a sbianchettare i muri per reprimere il tuo pensiero, come potrà un paese democratico perseguire senza tema del ridicolo quanti per esempio si mettessero a scrivere sui muri: “Io non nego l’Olocausto” – componendo magari “non” in corpo piccolo e tutto il resto in caratteri cubitali? In verità, non c’è nemmeno bisogno di espedienti grafici, di caratteri piccoli et similia. Se qualche gruppuscolo neonazista decidesse di scrivere sui muri: “La legge ci impedisce di negare l’Olocausto”, beh: ci sentiremmo più tranquilli di fronte ad un simile attaccamento alla legalità? O non dobbiamo guardare al fatto che una simile legge, lungi dal reprimere, offrirebbe il destro per una quantità di casi controversi che finirebbero con l’alimentare il vittimismo di chi non vede l’ora di denunciare la perfida persecuzione sionista?
Vi sono, infine, altre tre domande. La prima, se la democrazia possa rimanere indifferente alla verità, non prendersi cura neanche nei casi più aberranti di ciò che non è o non può essere materia di opinione. La seconda, se la democrazia non abbia bisogno, come qualunque altra forma politica, di alcune verità fondamentali, che andrebbero comunque preservate per mantenere l’identità democratica e civile di quel paese. La terza, se una legge contro il negazionismo non avrebbe comunque un altissimo valore ideale, nonostante l’impossibilità di perseguire effettivamente per le vie penali simili aberrazioni. Alla prima domanda rispondo: è falso in punta di fatto che viga una simile indifferenza, e che non si intenda scoraggiarla per legge non vuol dire affatto che non si intenda e non si debba scoraggiarla tout court. Alla seconda, rispondo: se vi è un’Urdoxa, un’opinione primaria da cui dipende la conformazione di un mondo storico e politico, quale che essa sia, la si riconosce proprio dal fatto che funge e vige costantemente senza divenire mai il tema di una legge. Alla terza domanda, infine: neanche per idea. Se proprio li volete mettere da qualche parte, i principi metteteli in Costituzione, e trattateli come tali: non come leggi penali. E, con tutta l’ermeneutica giuridica di questo mondo, sarebbe ora che si tornasse a fare leggi per ciò che in esse vi è scritto e chiede di essere applicato, invece che per darle in pasto alle sempre più arbitrarie interpretazioni degli autonominati custodi dei valori.