Gli ultimi giapponesi

C’è una poco nota favola giapponese, una storia tra fantasia e realtà di cui non abbiamo un quadro completo ma molti frammenti, che ci permettono di ricostruirla quasi per intero. È la favola della giovane Kōsen, che un giorno divenne sindaca di Tokyo. Kōsen veniva da un partito che non aveva mai governato la città, il Partito dei Cinque Sol Levanti, e su di lei c’erano grandi aspettative e grande curiosità. La favola ci racconta anche la storia delle persone che Kōsen scelse per amministrare, in particolare tre: l’assessore al Bilancio, l’assessore all’Ambiente e l’assessore all’Urbanistica.

L’assessore al Bilancio era un importante tecnico di un’importante commissione nazionale. Tutti sapevano che il suo sarebbe stato un lavoro difficile. Si narrava che un giorno un importante dignitario proveniente dalla lontana Grecia, sembra addirittura il primo ministro, avesse dato uno sguardo al debito del comune di Tokyo, ricredendosi sul fatto che il suo paese fosse quello messo peggio di tutti, e fosse tornato rincuorato ad Atene. Purtroppo l’assessore al bilancio venne fatto fuori da una faida nella coalizione di governo, evento invero notevole dato che la coalizione era composta del solo Partito della Sindaca, e si dimise. Poco tempo dopo concesse un’intervista in cui disse che la sindaca Kōsen aveva perso di vista il bene comune.

L’assessore all’Ambiente, che è il nome giapponese dell’amministratore che si occupa dell’immondizia, era una donna che aveva anche votato per il Partito della Sindaca, anzi, se ne considerava proprio una militante. Aveva lavorato per l’Azienda Che Raccoglie I Rifiuti, una municipalizzata con non pochi problemi, ma nessuno aveva trovato strano che a risolvere i problemi di un’azienda fosse proprio una che ci aveva lavorato. Purtroppo l’assessore all’ambiente venne raggiunta da un avviso di garanzia per un’inchiesta, indovinate un po’, sui rifiuti, e si dimise. Poco tempo dopo concesse un’intervista in cui disse che la sindaca Kōsen aveva perso di vista il bene comune.

L’assessore all’Urbanistica era un urbanista e un blogger e venne scelto più per la seconda ragione che per la prima. Era considerato un vero campione dell’autentica sinistra ormai tradita da Quelli Che C’erano Prima, un nemico implacabile dei costruttori privi di scrupoli, un garante del rispetto delle regole contro gli abusi. Ma il suo principale obiettivo, quello a cui aveva dedicato gli ultimi anni del suo impegno sul blog, era uno solo: impedire la costruzione del nuovo stadio dell’AS Tokyo 1927, la squadra della capitale. Lo stadio era stato molto caldeggiato dal sindaco precedente e dal presidente della regione del Kantō, anche lui del partito di Quelli Che C’erano Prima. Il costruttore dello stadio voleva fare qualche edificio in più per rientrare delle spese, perché gli stadi sono molto costosi, ma il nostro assessore era inflessibile: lo stadio o si fa pro bono o niente. Purtroppo l’assessore all’urbanistica, un giorno in cui era un po’ assonnato, si mise a dire in giro che la Sindaca era una mezza impedita circondata da cialtroni e si dimise. La sindaca però non accettò le dimissioni e lo rinchiuse nella torre dell’assessorato a pane e acqua. Poco tempo dopo però un professore, amico e collega dell’assessore prigioniero, concesse un’intervista in cui disse che la sindaca Kōsen aveva perso di vista il bene comune.

Arrivati a questo punto, ci dice la favola, gli edochiani erano un po’ preoccupati. Ma non sarà mica che questa sindaca non ci stia capendo niente? Al che Kōsen rispose immediatamente con una lista di novanta grandi successi della sua amministrazione, da pubblicare in ogni bacheca della città. I cittadini, invece che convinti, divennero anche più perplessi: a cosa serviva una lista di cose fatte? Se fossero state fatte, le avrebbero viste. E poi in quella lista c’erano cose assurde, per esempio la riduzione delle spese per lo staff della sindaca. Tra ingabbiati e dimessi, pensavano i ragionevoli elettori edochiani, se per quello staff Kōsen avesse speso di più, non avrebbe fatto un soldo di danno.

Allora il Partito della Sindaca, sentendosi in difficoltà, tirò fuori la frase con cui chiudeva sempre le discussioni: «Sempre meglio di Quelli Che C’erano Prima». Era un argomento potente ma un po’ spuntato perché, ci dicono le cronache dell’epoca, molti dicevano che i problemi di Tokyo avevano effettivamente radici antiche e responsabilità diffuse, ma questa era proprio la ragione per cui avevano votato la Sindaca, mica potevano sentirsi rispondere in eterno che era colpa di Quelli Che C’erano Prima. Anche perché lo dicevano tutti, lo avevano detto Quelli Che C’erano Prima, Quelli Che C’erano Prima Prima e pure Quelli Che C’erano Prima Prima Prima, alla fine era sempre colpa di un altro.

Non sappiamo come finì la vicenda. Gli storici non sono concordi nell’interpretazione dei pochi frammenti rimasti, tra i quali il più significativo sembra essere comunque una lunga intervista della Sindaca stessa, in cui diceva che il Partito dei Cinque Sol Levanti aveva perso di vista il bene comune.