Il 26 aprile della tv

Il 26 aprile si è verificata una rottura nelle abitudini e affiliazioni di ascolto del pubblico. Il Segreto, la telenovela pluriennale dei posteri di Pepa su Canale 5, e Chi l’ha visto, il pilastro pluridecennale della tv un po’ realtà un po’ di servizio di Rai 3, hanno ceduto di schianto al sopravvenire della fiction Di padre in figlia su Rai 1. La svolta dell’attenzione degli spettatori (specie delle spettatrici) risulta evidente se si mette a confronto l’ascolto di mercoledì scorso con quello di mercoledì 29 marzo, il più recente fra i non molti privi di incontri di calcio e della conseguente distorsione gravitazionale dei comportamenti dell’audience.

Il 29 marzo Rai 1 offriva un film, anche assai gradevole, con Paola Cortellesi (Nessuno mi può giudicare). Un buon riempitivo per turare l’occasionale mancanza del calcio. E in quella stessa serata Canale 5 ha radunato gli affezionati alla telenovela spagnola (14,47% di share), Chi l’ha visto i suoi fedelissimi (10,25%). E, per allungare lo sguardo appena al di là dell’area del racconto, La Gabbia, col suo frullato di populismi e sovranismi, si era spinta al 2,89% mentre le solerti Iene avevano acciuffato il 9%. Ma il 26 aprile arriva Di padre in figlia e lo spostamento degli spettatori, tra le 21.30 e le 23, è massiccio: Il Segreto cala al 12%, Chi l’ha visto al 7%, La Gabbia precipita al 2,3% e alle Iene (7,8%) passa la voglia di ridere.

La spiegazione sta tutta, a nostro avviso, nella sagacia narrativa di quella fiction, dove si intrecciano diversi elementi significativi per diversi segmenti di pubblico: lo sfondo storico, ben rilevato negli abiti, nel taglio dei capelli, nella stessa gestualità degli attori, a partire dalla Capotondi, che hanno dato corpo a una recitazione d’epoca; le eterne faglie conflittuali del principio maschile rispetto al principio femminile, dei figli nei confronti dei genitori, dei fratelli fra loro. Esattamente gli stessi materiali sui quali si fonda, a ben vedere, la vitalità di Chi l’ha visto, che era e in parte è ancora oggi un report sulle famiglie. E poi, oltre alla solidità storico-sociologica, c’è un’esplosione di situazioni latenti, di amori sul punto di, di sfide temerarie (della giovane ribelle, della ancor giovane a caccia di emozioni…) a costo di potenziali disastri. Tutto l’armamentario, insomma, che fa da sempre la fortuna delle telenovelas, e certamente del Segreto.

Ma ci ha rimesso anche l’infotainment: Le Iene più fra le donne che fra gli uomini e La Gabbia in pari misura tra i due sessi. La notizia è che siano entrambi arretrati davanti a una fiction senza commissari e, per quanto astuta, non riducibile a fotoromanzo. Un sintomo, uno dei tanti, della corrosione della “tv dei cittadini”, senza per questo correre a segnare il 26 aprile come festa della liberazione dalla medesima. La lotta sarà lunga, e l’esito non è scontato.