Nessuna pietà per le vittime

Il diverso atteggiamento dei mezzi di informazione verso le violenze di Rimini da un lato e quelle di Firenze dall’altro svela prima di tutto l’ipocrisia con cui si giustificano la rabbia e il desiderio di vendetta che si agitano dopo fatti di questa brutalità, lasciando credere che sia una reazione legata alla sofferenza della vittima, un impeto di immedesimazione che si fa pretesa di giustizia. Ma il racconto dei fatti di Rimini è stato senza pietà prima di tutto per chi la violenza l’ha subita, con la pubblicazione pressoché integrale di verbali di indagine coperti dal segreto istruttorio, in nome di un diritto di cronaca che ha consegnato alla giustizia sommaria gli indagati rei confessi – e questo, si sa, non importa a nessuno – ma soprattutto ha inflitto alla vittima un’altra forma di brutalità, quella di vedersi costretta a sopportare la diffusione indiscriminata dei particolari delle violenze subite, un racconto che avrebbe avuto il diritto di trattenere, anche di nascondere, e che invece è stato pubblicato senza il minimo scrupolo.

Per i fatti di Firenze, invece, l’atteggiamento è completamente diverso: cautela nel racconto, riservatezza nei confronti degli indagati, modi che dovrebbero essere la regola per tutti – perché questo dice la legge – e non un privilegio riservato a pochi; mentre per le ragazze (straniere) che hanno denunciato è scattato immediatamente quel meccanismo subdolo di vittimizzazione secondaria fatto di allusioni e sospetti, del racconto dei test antidroga e della sospetta ubriachezza – dimostrando tra l’altro la superficialità di chi scrive di cronaca giudiziaria senza sapere che si tratterebbe di circostanze aggravanti. E anche qui la pubblicazione pressoché integrale dei verbali del loro racconto, sempre in nome del diritto di cronaca: un racconto che dobbiamo immaginare sofferto e drammatico, e che la vittima di una violenza sessuale affida alla polizia confidando nella sua riservatezza.

La violazione di quel patto di riservatezza è un fatto grave e una forma di violenza, e mai come in questo caso è evidente la stortura dell’intreccio tra media e giustizia. La neutralità dei fatti in questo caso non c’entra: quei verbali sono arrivati nelle redazioni dei giornali nello stesso modo in cui ci arrivano le intercettazioni nei casi di corruzione o nelle indagini che riguardano i politici. Come sempre, la loro pubblicazione, cosa raccontare e cosa omettere, sono stati una scelta, una precisa assunzione di responsabilità da parte di chi ha deciso di usare il diritto di cronaca per passare come un caterpillar sui diritti e sulla dignità di tutti i soggetti coinvolti.