L’emergenza immaginaria del caso Sea Watch

Dopo tredici giorni in mare ieri sono sbarcate le 47 persone salvate dalla nave della ong tedesca Sea Watch. La vicenda è stata l’ennesima pagina nera per il nostro paese. Sono stata l’altro giorno a Siracusa con la staffetta del Pd e la sensazione più forte è stata quella della vergogna. Vergogna perché il governo gialloverde ha come prima priorità quella di impedire alle ong di poter pattugliare il Mediterraneo per salvare delle vite. Vergogna perché non esistevano motivazioni chiare per impedire a quelle persone di sbarcare. Vergogna perché i racconti che arrivavano dalla nave su quanto avviene nei lager libici non possono far sentire nessuno assolto. Vergogna perché alla fine chi teneva quelle persone ferme in mezzo al mare, al freddo e senza un motivo, era lo Stato italiano. E lo Stato siamo tutti noi.

Ora non è più tempo di vergognarsi, è tempo di agire. In casi come quello della Sea Watch, se avessimo davanti un governo normale, che si comporta rispettando le leggi italiane e i trattati internazionali, le cose da fare sarebbero abbastanza semplici: interrogazioni, interpellanze, sollecitazioni ai ministeri, telefonate agli uffici. Ma il nostro non è un governo normale, ed è per questo che occorre pensare a una reazione straordinaria. Ed è il motivo per cui i colleghi Riccardo Magi, Nicola Fratoianni e Stefania Prestigiacomo hanno fatto un blitz raggiungendo la nave Sea Watch 3, costretta a sostare davanti al porto di Siracusa perché mancava l’autorizzazione del ministero dell’Interno. E nessuno sapeva su quali basi giuridiche il ministero negasse l’attracco. La cosa ovviamente ha fatto scalpore e i media italiani e stranieri hanno iniziato a occuparsi dell’accaduto.

La risposta del governo qual è stata? Gestire la crisi, far sbarcare subito i migranti e assumersi le proprie responsabilità? Ovviamente no. Sono andati oltre, e hanno anche vietato a chiunque di avvicinarsi a meno di mezzo miglio dalla nave. Siamo stati quindi costretti a ricorrere a un altro gesto molto poco formale. Una barca con a bordo Matteo Orfini e Maurizio Martina, deputati del Pd, ha raggiunto l’imbarcazione ed entrambi sono saliti a bordo dimostrando che non c’era nessun blocco e che, quindi, non c’era nessun motivo per interdire il tratto di mare attorno alla nave. Appena scesi a terra, però, si sono trovati con una denuncia per aver violato un’ordinanza della Capitaneria di porto.

Il giorno dopo era necessario capire in Prefettura, Capitaneria e Procura che cosa stesse succedendo. Ed è per questo che martedì 29 gennaio siamo andati a Siracusa. In mattinata abbiamo depositato in Procura una richiesta urgente di indagini a carico del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, per sequestro di persona con l’aggravante del sequestro di minori. Contestualmente gli avvocati della Sea Watch hanno depositato presso la Corte europea dei diritti dell’uomo la richiesta di sbarco per i minori presenti a bordo, mentre il Garante dell’infanzia di Siracusa aveva già fatto numerose sollecitazioni alla Prefettura. A quel punto il nostro obiettivo era capire su quali basi fosse stata emessa l’ordinanza che impediva l’avvicinamento alla Sea Watch 3. Siamo prima stati al porto rifugio, dove c’è un presidio della Guardia costiera, e da dove si vedeva la Sea Watch a largo di Siracusa, per capire esattamente che cosa stava avvenendo. Poi siamo andati in Capitaneria e in Prefettura, per sapere su quali basi giuridiche lo Stato italiano stava tenendo, di fatto, recluse su una nave 47 persone: uomini, donne e minori.

Abbiamo cercato per ore di capirne le ragioni: non le abbiamo trovate. Anzi, mentre eravamo lì e a ogni domanda ci venivano date risposte sempre diverse, la ministra della Salute, Giulia Grillo, ha dichiarato che a bordo della nave non c’era nessuna emergenza sanitaria. Questo andava contro ciò che aveva giustificato il blocco navale attorno alla Sea Watch 3, e cioè l’emergenza sanitaria, visto che palesemente non c’erano rischi di ordine pubblico talmente gravi da richiederlo. Pertanto ho presentato insieme ai colleghi del Pd che erano là una interrogazione alla Grillo: «Ci confermate che non c’era rischio per la salute pubblica?». Ieri ci hanno risposto. Sì, il ministero non aveva nessun dato che dicesse che era in atto un pericolo per la salute. Tradotto: non è colpa nostra se non li fanno scendere.

Insomma, la verità è che non esistevano dei reali motivi per tenere bloccate quelle persone sulla nave. Esiste solo la ricerca del consenso personale. Anche a discapito del bene comune, anche a costo di violare diritti umani fondamentali. Ora li hanno fatti scendere e saranno accolti da nove Stati europei, che hanno dimostrato più saggezza del nostro governo. Ma questo non cambia la situazione. Ci saranno altri sbarchi, ci saranno altre emergenze, ci sarà altra propaganda, e ci saranno, temo, altre crisi come questa. E la cosa più grave è che sembra una cosa normale. Ma non lo è, il nostro dovere è ricordarlo ogni minuto e fare in modo che non si ripeta più.