Per Moggi, ma non per tutti

Ancora una volta sono le disavventure di Luciano Moggi a caratterizzare i momenti di svolta nel nostro paese. Non parliamo solo delle vicende calcistiche, ma di quello che televisivamente ne è derivato. Parliamo della sua presenza a “Quelli che il calcio e…”, che ha scatenato in settimana una serie interminabile di polemiche e che ha infine portato la rete a tagliare di mezz’ora la trasmissione della Ventura. Grazie a Luciano Moggi abbiamo così imparato tante cose nuove. Abbiamo imparato, per esempio, l’importanza del contraddittorio, benché a dire il vero non avessimo notato simile premura in casi analoghi. Tanto meno – per rimanere in tema calcistico – avevamo visto la stessa preoccupazione per la puntata in cui è intervenuto l’arbitro De Santis, o per la trasmissione (in realtà erano diverse) in cui Della Valle se la prendeva con tutto il sistema calcio, a cominciare dai giudici sportivi che l’avevano poco prima condannato. Abbiamo poi imparato che il contraddittorio richiede la presenza di un giornalista, e abbiamo però capito che non tutti i giornalisti sono adeguati a tale compito (durante l’intervista, infatti, di giornalisti in studio ce ne erano ben due). Abbiamo dunque imparato quanto sia fortemente diseducativo per le giovani generazioni e per la giustizia tutta che Luciano Moggi proclami dalla Ventura la propria innocenza (con modi, va detto, senza dubbio discutibili e accuse presumibilmente infondate), ma che non è altrettanto diseducativo nel caso lo faccia (esattamente allo stesso modo) di fronte a Giovanni Floris, le cui domande non c’erano sembrate poi così pungenti. E non avevamo ancora finito di studiare la situazione quando ci siamo accorte che non eravamo state le uniche ad avere imparato la lezione. Al posto di Moggi, a “Quelli che il calcio e…”, questa settimana c’era Marco Travaglio. Ma ormai neanche questa era più una notizia, perché nel frattempo il paese corre veloce verso il futuro, e giovedì il giornalista aveva fatto la sua grande apparizione in Rai (anche se non era la prima) ad “Anno Zero”, il nuovo programma di Michele Santoro. Perché – va da sé – anche “Anno Zero” non può che essere l’ennesima conseguenza dei cambiamenti in atto, malgrado in realtà siano bastati pochi minuti di trasmissione perché sembrasse che Santoro non se ne fosse mai andato. Ma anche per capire che nonostante tutto questi anni non sono passati invano neppure per lui. La voce narrante dei servizi sembrava il fratello più anziano di Lucignolo, a riprova del fatto che quando dicevamo che Studio Aperto è il telegiornale di riferimento non ci sbagliavamo di molto. Eppure non intendiamo lamentarci, è solo un altro chiaro segno del futuro che si avvicina, e da cui ci aspettiamo grandi cose. In fondo se alla Lega Calcio hanno eletto Matarrese, non vediamo perché non dovrebbero dare la direzione di un tg a Enzo Biagi.