Con il voto dei poliziotti e dei servizi di sicurezza, anticipato di qualche giorno per assicurare un loro pieno impegno nel regolare svolgimento delle elezioni quattro giorni dopo, i palestinesi hanno cominciato a votare…
Martedì 1 novembre il governo israeliano ha approvato un piano a suo modo rivoluzionario quanto il ritiro unilaterale da Gaza: ha chiesto all’Unione europea di fornire osservatori comunitari e personale specializzato per ispezionare i viaggiatori…
Il No francese al referendum sulla Costituzione europea avrà profonde ripercussioni su tutta la politica mondiale. Come annota Giuliano Amato…
L’Iran e i suoi tremila anni di storia non sono mai stati facilmente comprensibili per il resto del mondo. I greci e i romani lo hanno a lungo combattuto, raramente hanno tentato di dialogarci. Per questo non stupisce l’odierna incomprensione sul vero significato degli ultimi atteggiamenti verso il mondo esterno adottati dal nuovo presidente Ahmadinejad, peraltro anche lui un oggetto misterioso. L’incomprensione è antica e culturalmente ben radicata. E il fatto che sul tavolo ci sia soprattutto la questione nucleare…
Dopo molti anni di stagnazione e continuità, oggi il Libano vive una fase di cambiamento. Tutto inizia il 14 febbraio scorso, quando l’ex premier oramai antisiriano Rafiq Hariri salta in aria. La “pax siriana” – in vigore dalla fine della guerra civile con gli accordi di Ta’if del 1989, che avevano ufficializzato l’appartenenza del Libano, rimasta sempre informale, al sistema della “Grande Siria” – non regge infatti alla scossa prodotta dall’esplosione di quell’attentato, e va in pezzi. Non sembri strano: il sistema era già assai indebolito…
Da quando è stato abbattuto Saddam Hussein, la sicurezza regionale in Medio Oriente ha sempre avuto solo tre attori di prima grandezza: Usa, Israele e Iran. Si tratta di un equilibrio dinamico, sempre soggetto a cambiamenti nei rapporti di potenza…
Assistendo all’agonia di Sharon – perlomeno del primo ministro non più in carica, se non dell’uomo – e alla partecipazione con cui viene seguita sia in Israele sia nelle cancellerie di tutto il mondo, ci si pone questa domanda: come è avvenuto che Ariel Sharon – l’uomo che l’ex primo ministro Menachem Begin non voleva nominare ministro della difesa perché temeva potesse “circondare l’ufficio del primo ministro con i carri armati”, l’uomo che dopo la debâcle del Libano nel 1982…
Se il Medio Oriente è in subbuglio, e lo è davvero, questo accade perché sta ridefinendo la propria identità. Del resto, non poteva essere altrimenti, sotto la spinta di una guerra come quella irachena, l’ascesa degli sciiti e la conseguente forza anche elettorale acquisita dall’Islam politico radicale. E nel Medio Oriente definire le identità significa insieme definire i confini. Non solo quelli tra gli stati e tra le etnie…
Posti di fronte alle difficoltà di includere anche i sunniti, il governo iracheno e gli Usa hanno scelto di promulgare comunque la Costituzione. La risposta non si è fatta attendere: il 14 settembre, non lontano da dove sull’Eufrate il 31 agosto erano morti almeno 700 iracheni sciiti in una calca provocata ad arte, ne sono periti altri cento in attesa di lavoro. Lo stesso giorno a Taji, un sobborgo di Baghdad, 17 sciiti sono stati presi dalle loro case e giustiziati…
Una tonnellata di esplosivo ad alto potenziale può causare molti danni. Quella utilizzata il 14 febbraio scorso per uccidere l’ex premier libanese Rafiq Hariri, in particolare, continua a risuonare e a far tremare il complicato sistema politico siriano-libanese. Da quella data infatti è stato un succedersi di scossoni: il sussulto nazionalista e antisiriano in Libano (protettorato siriano di fatto dagli accordi di Ta’if del 1989) delle manifestazioni degli studenti, poi culminato nelle elezioni politiche di questa estate…
Il nord Africa – in arabo “Maghreb” (occidente) – è sempre stato abbastanza isolato dal resto del medio oriente, e in particolare dal Mashrek (oriente), cioè l’area che va dall’Egitto all’Iraq. Tanto che una delle più belle definizioni di Maghreb è quella di “isola circondata da un mare d’acqua e uno di sabbia”. Oggi, per effetto di una guerra al terrorismo che in Medio Oriente l’Amministrazione Usa ha voluto interpretare giocando d’azzardo la carta del protagonismo politico sciita, di cui la punta avanzata è l’intervento in Iraq, tutto ciò sta velocemente cambiando…
A cinque anni da quell’incredibile ed epocale 11 settembre 2001, tutti noi abbiamo visto la nostra stessa vita cambiare e gli spazi pubblici restringersi o addirittura chiudersi. Ciò ha significato un indebolirsi della politica. Il luogo in cui il processo è stato più evidente è quel Medio Oriente da dove tutto partì molti anni prima, con il primo jihad verso l’Afghanistan. Lo è non per una sorta di retribuzione divina, bensì perché vi è stato più concretamente l’errore dell’intervento Usa in Iraq che ha accresciuto le già grandi difficoltà della politica nella regione. Si è trattato infatti di un evento che ha profondamente cambiato il Medio Oriente. Ma non come si aspettava l’Amministrazione Usa…