Assistendo all’agonia di Sharon – perlomeno del primo ministro non più in carica, se non dell’uomo – e alla partecipazione con cui viene seguita sia in Israele sia nelle cancellerie di tutto il mondo, ci si pone questa domanda: come è avvenuto che Ariel Sharon – l’uomo che l’ex primo ministro Menachem Begin non voleva nominare ministro della difesa perché temeva potesse “circondare l’ufficio del primo ministro con i carri armati”, l’uomo che dopo la debâcle del Libano nel 1982…
Il 4 marzo Bush è arrivato in Pakistan per la prima visita di un presidente Usa da quella di Clinton nel marzo del 2000. Ma al contrario di Clinton non è stato solo cinque ore per sfuggire all’incontro con il presidente golpista Musharraf, bensì un giorno intero, e proprio per avere la possibilità di mostrare il legame tra i due paesi e tra i due presidenti. Malgrado la visita sia stata preceduta da un’autobomba che due giorni prima a Karachi ha ucciso un diplomatico Usa, e accompagnata da forti manifestazioni di protesta per il suo arrivo. Nessun commentatore ha dedicato molto spazio a questa accoglienza: è sembrata normale…
Nel rischioso e ancora instabile dopoguerra libanese, la comunità internazionale adesso ha la possibilità di lavorare per cominciare a sciogliere molti dei nodi che soffocano il Medio Oriente, e che si sono venuti aggrovigliando con l’intervento angloamericano in Iraq. Per deficit di potenza, se non per scelta analitica e intellettuale, è infatti di nuovo in voga l’azione politica multilaterale, il concerto delle nazioni fuori e dentro gli organismi internazionali…
La questione oggi sul tavolo tra Israele e Palestina è se il ritiro unilaterale da Gaza sia solo il primo passo o se invece rimarrà un episodio isolato: “Gaza first” o “Gaza only”. La prima opzione significa che dopo Gaza Israele affronterà finalmente l’annosa questione delle colonie nei territori occupati in Cisgiordania; scegliere la seconda, invece, vorrà dire inevitabilmente creare in Cisgiordania una serie di bantustan palestinesi senza continuità territoriale, facendo così naufragare la possibilità…
Il nord Africa – in arabo “Maghreb” (occidente) – è sempre stato abbastanza isolato dal resto del medio oriente, e in particolare dal Mashrek (oriente), cioè l’area che va dall’Egitto all’Iraq. Tanto che una delle più belle definizioni di Maghreb è quella di “isola circondata da un mare d’acqua e uno di sabbia”. Oggi, per effetto di una guerra al terrorismo che in Medio Oriente l’Amministrazione Usa ha voluto interpretare giocando d’azzardo la carta del protagonismo politico sciita, di cui la punta avanzata è l’intervento in Iraq, tutto ciò sta velocemente cambiando…
L’Iran e i suoi tremila anni di storia non sono mai stati facilmente comprensibili per il resto del mondo. I greci e i romani lo hanno a lungo combattuto, raramente hanno tentato di dialogarci. Per questo non stupisce l’odierna incomprensione sul vero significato degli ultimi atteggiamenti verso il mondo esterno adottati dal nuovo presidente Ahmadinejad, peraltro anche lui un oggetto misterioso. L’incomprensione è antica e culturalmente ben radicata. E il fatto che sul tavolo ci sia soprattutto la questione nucleare…
A cinque anni da quell’incredibile ed epocale 11 settembre 2001, tutti noi abbiamo visto la nostra stessa vita cambiare e gli spazi pubblici restringersi o addirittura chiudersi. Ciò ha significato un indebolirsi della politica. Il luogo in cui il processo è stato più evidente è quel Medio Oriente da dove tutto partì molti anni prima, con il primo jihad verso l’Afghanistan. Lo è non per una sorta di retribuzione divina, bensì perché vi è stato più concretamente l’errore dell’intervento Usa in Iraq che ha accresciuto le già grandi difficoltà della politica nella regione. Si è trattato infatti di un evento che ha profondamente cambiato il Medio Oriente. Ma non come si aspettava l’Amministrazione Usa…
L’ottima affermazione di Hamas alle elezioni amministrative palestinesi di giovedì scorso – nelle città della Cisgiordania di Jenin, Nablus, El-Bireh – ha suscitato una grande eco e preoccupazione sulla stampa europea e statunitense, e una domanda: Hamas (acronimo per Harakat Al-Muqauuama Al-Islamiya, cioè “Movimento di Resistenza Islamica”) è destinato a conseguire una storica vittoria nelle prossime e cruciali elezioni politiche palestinesi del 25 gennaio 2006?
Quando il 14 settembre del 2005, durante un summit delle Nazioni Unite a New York, Sharon e Musharraf si sono stretti la mano, molti lo hanno interpretato come un mutamento epocale nelle relazioni tra i due paesi, ritenendo che la novità più forte fosse nell’aspetto bilaterale. Come spesso accade in Medio Oriente, invece, la realtà è l’esatto opposto di quel che sembra: l’aspetto significativo non è tanto che Israele e Pakistan intrattengano relazioni bilaterali, quanto che esse siano state lasciate venire alla luce…