In Italia il grado di soddisfazione che le persone provano per la propria vita è declinato dagli anni novanta (dati World Values Survey ed Eurobarometro). A questo declino ha contribuito sostanzialmente la diminuzione della soddisfazione che l’italiano medio prova per il proprio lavoro. A sua volta tale declino è stato fortemente influenzato dai mutamenti nella legislazione del lavoro, che hanno reso il mercato del lavoro italiano probabilmente il più flessibile dell’Europa continentale. Dagli anni novanta…

Presentando al Senato il suo programma di governo, Mario Monti ha affermato che per riformare il mercato del lavoro “è necessario colmare il fossato che si è creato tra le garanzie e i vantaggi offerti dal ricorso ai contratti a termine e ai contratti a tempo indeterminato, superando i rischi e le incertezze che scoraggiano le imprese a ricorrere a questi ultimi”. Molti hanno colto nelle parole del presidente del Consiglio un’implicita adesione alla proposta del cosiddetto contratto unico, autorevolmente sostenuta…

Mentre Sergio Marchionne se ne stava comodamente seduto sulla poltrona di Che tempo che fa e rispondeva alle incalzanti domande di Fabio Fazio, colpiva il modo con cui proponeva sistematicamente l’eguaglianza fra “industria italiana” e “Fiat”, quasi che le due espressioni potessero essere usate come sinonimi. Non è così. Secondo il rapporto annuale Eurostat del 2009 il settore della produzione di mezzi di trasporto in Italia non è affatto fra i comparti industriali più diffusi in termini di valore aggiunto…

Il dibattito interno al Partito democratico è stato recentemente animato da un confronto tra quelle che qualcuno ha definito l’anima liberaldemocratica e quella socialdemocratica del partito. La prima si è riconosciuta nel (secondo) “discorso del Lingotto” di Walter Veltroni, ripreso su tutti i principali quotidiani. L’altra ha meno simpatizzanti sui giornali, ma ha una certa presa sull’attuale gruppo dirigente del Pd. Un esempio della seconda posizione si ha nella replica di Stefano Fassina al discorso del Lingotto…

La sprezzante risposta del gip Clementina Forleo (“rimarrò soggetta, come sempre, solo alla legge”) ai puntuali rilievi che il Capo dello Stato, nelle sue funzioni di Presidente del Csm, ha indirettamente rivolto alle sue due ordinanze – dopo la loro pubblicazione sulla stampa, in attesa di essere inviate al parlamento – non lascia presagire nulla di buono. In altre circostanze quelle parole sarebbero state archiviate…

Scorrendo la rassegna stampa delle ultime settimane potrebbe apparire che la recessione in arrivo sia da addebitare all’ostinazione con cui Jean Claude Trichet si rifiuta di abbassare il tasso di interesse dell’euro. Da parte di molti giornali e centri studi è in corso una gara: chi enfatizza l’arresto della crescita, chi l’esplodere del disagio sociale, chi infine avanza il sospetto che le banche europee siano minacciate…

La forza e il prestigio di un paese risiedono in grande misura – oggi più che mai – nella capacità di partecipare ai processi internazionali di innovazione: nei modelli istituzionali e organizzativi; nell’industria, nelle tecnologie e nella ricerca; nella cultura. La globalizzazione porta con sé, quale apparente paradosso, il nuovo protagonismo dei singoli stati, che si contrappone peraltro alla crisi delle organizzazioni internazionali tradizionali.

Di fronte alle cifre dei redditi rese note dal ministero del Tesoro, un candido spirito del Settecento potrebbe davvero concludere che gli italiani, popolo fortunato, vivono nel migliore dei mondi possibili. Mentre un utopista dell’Ottocento o un egualitarista del Novecento sarebbe portato a credere che l’Italia sia diventata il paese più socialista del pianeta. Che pensare, infatti, di un paese in cui le classi un tempo sfruttate hanno in media raggiunto e superato il reddito dei loro datori di lavoro…

Ancora una volta, in occasione della manovra finanziaria, Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti hanno ripetuto che il governo “non ha messo le mani nelle tasche degli italiani”. Mai come in questa occasione dovrebbe però apparire chiaro a tutti il reale significato politico di un simile ritornello. Lasciando per un attimo da parte il tema del valore educativo, civile e culturale dell’espressione in sé – l’idea che il prelievo fiscale da parte dello stato sia equiparabile a una rapina – mai come oggi risultano evidenti…

E’ difficile la comparazione tra l’azione della Bce e quella della Fed nella recente crisi dei mercati: troppo diverse le “condizioni al contorno”, gli assetti operativi, il quadro istituzionale. Tuttavia, dal modo in cui le due istituzioni si sono mosse, è possibile ricavare alcune interessanti lezioni. Forse ancora memore dell’infausta esperienza del ’29 (“i tassi di interesse vanno alzati”, diceva allora la vulgata corrente…)