Qualche giorno fa abbiamo pungolato l’amministrazione della provincia di Napoli, da sempre governata dai Verdi, sulla raccolta differenziata dei rifiuti in Campania (vedi: La sagra dei rifiuti). Dall’ufficio stampa della provincia riceviamo un elenco analitico delle spese sostenute in questo campo. Ebbene, avevamo detto che la provincia di Napoli ha speso, nel solo 2007, 150.000 euro. Ci eravamo sbagliati, sono 217.000…

Mercoledì 16 gennaio il ministro della Giustizia ha annunciato alla Camera le sue dimissioni per via dell’inchiesta che in Campania ha coinvolto sua moglie, poi diversi esponenti del suo partito, quindi lo stesso ministro. Come inaugurazione dell’anno giudiziario, tema al quale Clemente Mastella avrebbe dovuto dedicare il suo discorso in Parlamento, giusto quella mattina, non c’è male. Mercoledì 16 gennaio resta per molti, tuttavia…

Il contorto processo politico che ha preceduto la presentazione della bozza Bianco in Senato, a ben vedere, costituisce una delle manifestazioni più emblematiche dello scarto tra le potenzialità del Partito democratico e i persistenti limiti culturali del riformismo italiano, eredità di quell’infausta stagione chiamata Seconda Repubblica. In un’affannosa girandola di ambiziosi “modelli ibridi” presto accantonati…

Il governo ha deciso che la Campania ha bisogno di tre termovalorizzatori e di un numero imprecisato di discariche. Sarebbe serio che una volta esaurita la fase acuta dell’emergenza alcuni nodi strutturali venissero al pettine, per essere di esempio a politici e amministratori campani. In questi giorni sono finiti sulla graticola la coppia di ferro Bassolino-Iervolino e il ministro Pecoraro. Nulla si è detto invece del presidente…

Da un po’ di tempo, già prima delle recenti prese di posizione di Dario Franceschini e Walter Veltroni sulla riforma elettorale, c’è qualcosa che suona poco convincente nel modo in cui esponenti politici e politologi vicini al segretario del Pd declinano il tema della vocazione maggioritaria del nuovo partito. Si tratta di un punto delicato, sul quale all’inizio della fase costituente è sembrato esserci un consenso generalizzato…

Cosa si può dire di un segretario di partito che proponga agli avversari un ambizioso progetto di riforme istituzionali, parlando di occasione storica e non esitando ad aggiungere che il fallimento comporterebbe addirittura “rischi per la democrazia”, e che subito dopo affermi, come se niente fosse, che comunque il suo partito si presenterà alle successive elezioni con un’altra proposta di riforma delle istituzioni e della legge elettorale?

Finirà così. Finirà che il governo Prodi cadrà, andremo alle elezioni anticipate con l’attuale legge elettorale e Silvio Berlusconi vincerà con una larga maggioranza – se non altro per la divisione degli avversari – ma non potrà nemmeno cominciare a governare, perché Romano Prodi sarà reintegrato a Palazzo Chigi da una sentenza del Tar. Finirà che Clementina Forleo e Luigi de Magistris chiederanno l’arresto dei magistrati che li accusano…

“In Deutschland bleibt die Mitte rot”, che in italiano suona: “In Germania il centro rimane rosso”. E’ lo slogan che, sullo sfondo di una grande bandiera tedesca, campeggia nel manifesto con cui l’Spd ha deciso di rispondere alla svolta centrista impressa da Angela Merkel al congresso di Hannover della Cdu. D’altronde, per il partito che con Schröder aveva rivendicato di essere il “nuovo centro” (un concetto peraltro già espresso…)

Il morale non è certo altissimo a Danasvej 7, nel sobrio stabile in cui da qualche anno si è ritirata la socialdemocrazia danese, per risparmiare quelle risorse che il sindacato confederale LO ha deciso di corrispondere con sempre minore generosità. Esperti, strateghi e “soldati di partito”, come li chiamano, stanno analizzando l’ultima brevissima campagna elettorale giorno per giorno, quasi ora per ora.

Quattro operai sono morti a causa dell’incendio che si è sviluppato mercoledì sera in una grande fabbrica di Torino, appartenente a una delle principali multinazionali del settore, la tedesca ThyssenKrupp. Giornali e telegiornali ne hanno parlato a lungo, com’era giusto fare, con un cospicuo numero di pagine e di servizi, inchieste, interviste. Eppure, nello scrivere i nomi delle quattro vittime, dobbiamo consultare quelle pagine per non sbagliare…

Nel referendum di domenica scorsa, voluto per aumentare i suoi poteri e soprattutto per ottenere il diritto a ricandidarsi come presidente, Hugo Chávez non ha combattuto contro le multinazionali del petrolio, né contro il governo degli Stati Uniti, né contro la ricchissima aristocrazia del suo paese. Contro questi soggetti Chávez avrebbe probabilmente trovato ancora una volta il favore popolare.