Il ritiro di Israele da Gaza rappresenta per palestinesi e israeliani quello che in Italia è stato per l’Unione l’approvazione della riforma elettorale avanzata da Berlusconi: un evento che marca un deciso cambio di fase politica, almeno dal punto di vista tattico. E dunque costringe, volenti o nolenti, a rivedere strategie e disegni. Ciò è particolarmente vero per Hamas, che a Gaza ha la sua base militante e di consenso più consistente. Il ritiro dei coloni e delle truppe israeliane schierate a loro difesa non si è rivelato…
Quando il 14 settembre del 2005, durante un summit delle Nazioni Unite a New York, Sharon e Musharraf si sono stretti la mano, molti lo hanno interpretato come un mutamento epocale nelle relazioni tra i due paesi, ritenendo che la novità più forte fosse nell’aspetto bilaterale. Come spesso accade in Medio Oriente, invece, la realtà è l’esatto opposto di quel che sembra: l’aspetto significativo non è tanto che Israele e Pakistan intrattengano relazioni bilaterali, quanto che esse siano state lasciate venire alla luce…
Dopo molti anni di stagnazione e continuità, oggi il Libano vive una fase di cambiamento. Tutto inizia il 14 febbraio scorso, quando l’ex premier oramai antisiriano Rafiq Hariri salta in aria. La “pax siriana” – in vigore dalla fine della guerra civile con gli accordi di Ta’if del 1989, che avevano ufficializzato l’appartenenza del Libano, rimasta sempre informale, al sistema della “Grande Siria” – non regge infatti alla scossa prodotta dall’esplosione di quell’attentato, e va in pezzi. Non sembri strano: il sistema era già assai indebolito…
La questione oggi sul tavolo tra Israele e Palestina è se il ritiro unilaterale da Gaza sia solo il primo passo o se invece rimarrà un episodio isolato: “Gaza first” o “Gaza only”. La prima opzione significa che dopo Gaza Israele affronterà finalmente l’annosa questione delle colonie nei territori occupati in Cisgiordania; scegliere la seconda, invece, vorrà dire inevitabilmente creare in Cisgiordania una serie di bantustan palestinesi senza continuità territoriale, facendo così naufragare la possibilità…
Posti di fronte alle difficoltà di includere anche i sunniti, il governo iracheno e gli Usa hanno scelto di promulgare comunque la Costituzione. La risposta non si è fatta attendere: il 14 settembre, non lontano da dove sull’Eufrate il 31 agosto erano morti almeno 700 iracheni sciiti in una calca provocata ad arte, ne sono periti altri cento in attesa di lavoro. Lo stesso giorno a Taji, un sobborgo di Baghdad, 17 sciiti sono stati presi dalle loro case e giustiziati…
Non si può dire che in Medio Oriente questi mesi siano stati noiosi: basti pensare alla vicenda irachena e al tentativo in atto di stabilizzazione politica, al ritiro unilaterale da Gaza delle colonie israeliane, alle recentissime elezioni presidenziali in Egitto. In questa regione così avviene: i processi politici sono in sincrono, sia quando essi sembrano rallentare fino al torpore, sia quando invece accelerano improvvisamente. Il Medio Oriente è infatti una delle regioni al mondo dove l’interdipendenza è più alta…
In occidente ha prodotto grande sconcerto il risultato uscito dal turno di ballottaggio delle elezioni presidenziali iraniane, che ha visto la vittoria imprevista di un oscuro candidato conservatore sul “centrista” Rafsanjani. E dopo alcuni momenti di attonito silenzio, è cominciata la gran cassa dei commenti tesi a gettare ombre sui risultati…